"Stralci di umanità"

18:20 / Pubblicato da Alessandro / commenti (0)

Ricevo queste righe dal mio amico Stefano ed allegata una lettera di suo fratello, attualmente in carcere. Grato e commosso la condivido con voi, sempre più certo che la Promessa si compie secondo modalità non nostre. ... ci volevano 25 anni di sostanze stupefacenti per arrivare a chiederci sia io, sia mio fratello, il perchè di tutto questo dolore, perchè questa croce, perchè questa strada? Non è ancora del tutto chiaro, ma ciò che importa è che questa strada adesso la percorriamo insieme, per vie parallele ma con un'unica direzione, con la speranza di trovare un comune traguardo. Sarebbe la salvezza. Stefano “Stralci” di umanità dal carcere di Marassi. Al calvario Lc. 9.23 "Se qualcuno vuol venire dietro a Me rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" […] questa per me è oggi è una pausa di riflessione doverosa di cui avevo bisogno e la sto sfruttando, come è giusto che sia, per ritrovare me stesso oltre ad interessi, letture, ecc… E poi è un’opportunità di Dio anche questa visto che molto probabilmente se non fosse andata così, forse a quest’ora potrei essere sotto un metro di terra per svariati motivi! […] quando avete battezzato Lucia alla stessa ora io ho recitato una preghiera studiata apposta per questo magico momento, perso anche questo con mio grande dolore. Ma è proprio questo ed altri dolori dettati dalla lontananza “fittizia” dai miei affetti che mi sta permettendo di farmi forza tutti i Santi giorni […] Ho letto a proposito di Simone [da un pieghevole dell’associazione Amici di Simone] e mi scappa da piangere e mi sento così piccolo nel mio problema in confronto a questi veri “ostacoli” della vita ed alla forza che vi danno a voi fuori nel non mollare mai […] Sai, questo è un ambiente pieno di ignoranza, però nel caso del terremoto è stata fatta una colletta a livello carcerario ed ognuno ha donato ciò che poteva; solo che queste cose non le sa nessuno perché noi per la società siamo solo dei reietti e non si sente parlare spesso delle condizioni di sofferenza che ogni singola persona vive qui dentro. Comunque sono contento che Lucia abbia come padrino e madrina queste due splendide persone. Penso che per una settimana potrò fare a meno di fumare per poter aderire a questa associazione. […] vi voglio bene a tutti e grazie per la vostra vicinanza, un abbraccio a Carla ed un bacio ai bimbi che sono sempre nei miei pensieri.

Dov'è o morte la tua vittoria?

13:21 / Pubblicato da Alessandro / commenti (1)

Cari amici,

“P.Aldo, credi tu questo?” mi sento chiedere in questo momento da Gesù, mentre ho il cuore spezzato guardando il cadavere di mia figlia Alice, appena morta, a 22 anni e mentre stringo al mio petto la piccola Yasmina, la più grande dei suoi tre figli. Yasmina vive con me insieme ad altri 20 bambini della casetta di Betlemme. Ha 8 anni. Ho raccolto Alice dalla strada distrutta dall’AIDS. Sola al mondo, usata e abusata da tutti. Entrava e usciva dalla nostra clinica. L’amore per lei è sempre stato grande, ma la sua libertà ha spesso chiuso gli occhi e come il figlio della parabola alla fine seguiva i suoi pensieri. Però sapeva sempre che il mio cuore era con lei. E così dopo mesi è ritornata, ma per morire. Era molto bella e adesso che la vedo qui al mio fianco morta è ancora più bella . La morte, quando la misericordia di Dio entra nella libertà umana trasfigura anche il corpo, mostrando il “già” della risurrezione. Yasmina è qui con me e la mamma adottiva Cristina, la mamma dei 20 bambini. Le ho chiesto, mentre stretta a me mi fissava con i suoi bellissimi occhi neri: “dov’è la mamma?” e lei: “in cielo”. Abbiamo recitato assieme il rosario e poi l’ho mandata coi suoi 20 fratellini della casetta di Betlemme. Non una lacrima lei, a differenza di me. Ma conoscendola so che il suo piccolo cuore ha conosciuto solo il dolore da quando è stata concepita. Che dolore per me!! Si, perché la verginità rende l’uomo padre come nessuna altra vocazione al mondo. Sento fisicamente il dolore, per cui mi viene da chiedere a Gesù come a Marta: “se tu fossi stato qui…”. Ma Lui mi risponde: “P.Aldo, Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in Me non conoscerà la morte. CREDI TU QUESTO?” “Si, Signore, credo, come credo che non c’è niente al mondo che impedisca questa certezza: né la depressione, né il cancro, né l’AIDS. A fianco di Alice giace morta per un cancro Carmen, di 53 anni, mentre nella camera a fianco dell’obitorio sta morendo Susanna, una signora rimasta sola al mondo dopo un incidente aereo, che cadendo sulla sua casa le ha ucciso i suoi 5 giovani figli, il marito e tutti i parenti. Quanto dolore! Eppure vedo in me come la familiarità con Cristo, perché questo è il problema, pur nel grande dolore-perché quanto più sei cosciente di essere tutto di Cristo senti tuo ogni dolore dell’uomo- vivo la certezza della positività del reale. Alice grazie all’AIDS ha lasciato la strada, è venuta qui e qui ha incontrato Gesù. Quando avevo letto il suo diario personale ero rimasto sconvolto di tutte le violenze di cui era stata oggetto dalla nascita. Eppure Dio che non dimentica nessuno dei suoi figli, l’ha condotta qui, dove ha visto il Suo volto e guardando il volto di Dio è morta. Cari amici, ho davvero una grande grazia, la grazia della speranza che è già visibile in me e nei miei moribondi del Paradiso, del compiersi della mia e tua umanità. L’altro giorno nella scuola di comunità con gli ammalati terminali ancora “abili” Marziana, una bella ragazza di 20 anni, già verso la fine, ha detto “ringrazio Dio di essere qui, in questo luogo, perché vedo che la speranza è un fatto presente, è l’aria che respiro. Sono contenta e offro tutto a Gesù”.

Amici, per me la scuola di comunità sulla speranza la tocco con mano. E’ come se la morte quotidiana dei miei moribondi mi facesse toccare fisicamente ogni parola di Giussani e di Carron. Allora, anche le notti insonni, il malumore, la fatica, le difficoltà, la drammatica situazione del paese con il caos del Presidente-vescovo (ex-vescovo) che come e peggio del terremoto sta sconquassando la Chiesa e la società, tutto diventa possibilità di dire: “…ma Cristo è risorto”. Risorto a tal punto che domenica una delle nostre infermiere ha voluto sposarsi dopo 10 anni di concubinato qui nella clinica, circondata da noi che portiamo i segni della morte negli occhi. E l’ha voluto perché qui-parole sue-ha incontrato la fede, la speranza e la carità.

Con affetto

P.Aldo

Amici, pregate per me perché veramente come dice S.Gregorio “… se non fossimo Tuoi saremmo creature finite” e sfinite.

Guardate la foto della mia Alice un mese fa quando é arrivata per morire.

“Dov’é o morte la tua vittoria?!

Alice adesso é davvero la mia Alice.

Il presente. Solo il presente

10:41 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (1)

Esce il nuovo disco dei PGR - sigla che significa Per Grazia Ricevuta. Una volta si chiamavano CSI - Consorzio Suonatori Indipendenti. Prima ancora CCCP Fedeli alla linea. Ai tempi di questo nome erano l'unico autentico gruppo punk italiano, e di sinistra, molto di sinistra, come si intuisce dal nome. Li guidava - e guida - Giovanni Lindo Ferretti. Qualche anno fa Ferretti è stato protagonista di una clamorosa conversione alla fede cristiana che ha gettato nello sconforto tanti fans, militanti duri e puri. Lui ha spiegato che il suo amico nella band leggeva sempre Il Manifesto, e quel giornale un giorno sì e un giorno no attaccava un certo Cardinale Ratzinger. Incuriosito, si recò in una libreria per saperne di più su questo Ratzinger. Ne uscì con una decina di libri scritti in tedesco, latino e italiano. Dopo averli letti diventò il più grande fan del futuro Papa. Le ultime cronache dei PGR è anche l'ultimo disco della band, composto da un cattolicissimo cantante, un ateo di sinistra e uno tranquillo. Un trio interessante, di amici. Non li ho mai ascoltati abbastanza, la loro musica non mi ha mai attirato granché. Ma ho letto i testi del nuovo disco, che si possono leggere integrali qui: http://www.ilfoglio.it/soloqui/2205 Li ha scritti Ferretti. Colpisce l'uso della parola "presente", cioè l'adesso, cioè la realtà: "Certo le circostanze non sono favorevoli - e quando mai? - bisognerebbe … bisognerebbe niente - bisogna quello che è. Bisogna il presente". La serena accettazione del presente. La vita che si impone nel suo Mistero: è la vita che vive ciò che la precede la segue e sopravanza non una sentenza ma Mistero l’amore il bello vero chi sono se tu ti curi di me? Qualcuno che si prende cura di noi, nella vita, nel momento presente. Il presente che è Mistero incarnato e incontrabile.

Pasquetta, porchetta. E gli amici

09:17 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (3)

Autostrada, e già ancora prima di Rapallo la macchina si ferma, insieme a centinaia di altri. Tutti in coda, contro esodo pasquale. Dietro, nei sedili posteriori della macchina, la bambina di 6 anni comincia a piangere. Prima sommessamente, poi a dirotto. Ha nostalgia degli amici che ha appena lasciato, neanche una manciata di minuti prima. Gli mancano gli amici, gli amici di Simone. E allora la bambina piange, perché è la nostalgia del bello che dà la misura delle cose, la misura della realtà. Quella realtà che non ci basta mai. La misura del nostro cuore che anela a quell’abbraccio che ci prenda, che prenda tutta intera la nostra vita. La realtà imperfetta del nostro essere uomini è un cuore che anela al bene, che vorrebbe già adesso la pienezza del paradiso. Anche a 6 anni. Eccoli, gli amici di Simone. Finalmente li vediamo all’opera, dopo averli visti tante volte su questo blog, nelle foto, nei racconti. Oggi siamo stati anche noi in mezzo a loro, e abbiamo visto come è bello stare insieme a loro. In un luogo dove accadono le cose, si tocca con mano la semplicità e la bellezza di una compagnia che anela al vero. Come sedersi al tavolo e parlare con un’amica che vedi solo due volte all’anno dell’educazione dei figli: “Come possono i nostri figli incontrare Gesù?” ci diciamo. “Giussani era così certo” dice lei “che se i figli ci sono, essi sono già accompagnati. Il resto è un di più”. Poi rivedi amici, vecchi amici, quello che non vedevi più dal giorno del tuo matrimonio, quello con cui hai condiviso un anno, anzi meno, di vita in appartamento a Milano. Ed è come se ci si fosse lasciati solo ieri. Perché dentro l’abbraccio della compagnia al destino, nulla è lasciato in sospeso. Bisogna solo far sì che riaccada, ogni giorno. Intanto gli amici di Simone preparano la porchetta, i ravioli e le frittelle con il gelato. A casa, la bambina non piange più. La coda è finita, l’autostrada anche. La bambina vuole scrivere una lettera agli amici di Simone, alla Benny e alla Sara soprattutto. Tre righe, nella sua calligrafia incerta, per dire che vuole loro bene e che spera di rivederli tutti presto. È questa, in fondo, l’educazione dei figli. Permettere loro di incontrare quella realtà buona - che esiste - e accompagnarli al loro destino. L’amica con cui parlavi ieri ti ha mandato una e-mail. C’è dentro un testo di Sant’Ambrogio, molto amato dal Gius. Lo conoscevi bene, ma gli amici sono quelli che ti ricordano di continuo l’essenziale: “L’educazione dei figli è impresa per adulti disposti a una dedizione che dimentica se stessa, ne sono capaci marito e moglie che si amano abbastanza da non mendicare altrove l'affetto necessario. Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglieranno: non sognate per loro i vostri desideri.(…) Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro: siate seri soprattutto che vadano incontro al domani di slancio, anche quando sembrerà che si dimentichino di voi.Non incoraggiate ingenue fantasie di grandezza, ma se Dio li chiama in qualcosa di bello e grande, non siate voi la zavorra che impedisce di volare. (…) I vostri figli abitino la vostra casa con quel sano trovarsi bene che ti mette a tuo agio e ti incoraggia anche ad uscire di casa, perché ti mette dentro la fiducia in Dio e il gusto di vivere bene”.

La “follia” della Resurrezione

10:30 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (0)

di Mons. Camisasca http://www.ilsussidiario.net/ Ho ritrovato gli appunti che avevo scritto durante le meditazioni che don Giussani tenne a Varigotti nella settimana santa del 1964. Li ho riletti in questi giorni, li ho rivissuti, e ho pensato di offrirli a voi come traccia per introdurci negli eventi di questa settimana santa. La morte e la resurrezione di Gesù non ci allontanano da ciò che accade nel mondo e nella nostra casa, nella nostra vita personale. Tutto è intimamente collegato. Ciò che accade a Gesù è la radice, l’origine e la fine, la chiave segreta per entrare in ciò che accade a noi. Allora, la cosa più importante è uscire dalla distrazione e dalla paura che ci chiudono in noi stessi o ci alienano nelle cose da fare. Per questo sono andato a rileggermi quegli appunti. Per questo, molti tra noi hanno partecipato alle via crucis in tante città nel mondo. Hanno cercato attraverso le parole del vangelo, attraverso la musica, attraverso i segni scritti o parlati di testimoni, di essere portati dentro questi avvenimenti che non sono avvenimenti del passato. A lungo preparati dalla storia bimillenaria del popolo di Israele, e prima ancora dalla volontà stessa di Dio che per questo ha creato l’uomo e il mondo, la passione, morte, e resurrezione di Gesù sono accadute in un preciso momento della storia, ben documentato da scritti e testimonianze. Ma nello stesso tempo, a differenza degli altri avvenimenti storici, irrimediabilmente chiusi nel tempo in cui sono accaduti, al di là della risonanza che possono avere per secoli nel cuore degli uomini, i giorni della Pasqua di Gesù sono a noi contemporanei. E’ questa la “folle” pretesa di quell’uomo. Essere risorto vuol dire essere contemporaneo ad ogni momento della storia futura, ad ogni attimo di ogni uomo. Non semplicemente come un qualunque altro contemporaneo, ma come uno che è alla radice di ogni nostra azione e che attrae il nostro sguardo e il nostro cuore per rivelarci il senso e il peso di tutto ciò che avviene. In quelle lontanissime meditazioni del 1964, Giussani, a noi ragazzi di quattordici - quindici anni, parlò della Trinità. All’origine di tutto c’è la comunione. Questa comunione, che è Dio, ha voluto uscire da sé, ha voluto noi, e poi non ci ha lasciato soli. Ha voluto comunicarsi a noi, si è reso commensale con noi. Le parole di don Giussani erano illuminate da una grande riproduzione della Trinità di Andrei Rublev. Era la prima volta che la vedevo. Tre angeli, prefigurazione della stessa Trinità, vanno a visitare Abramo nella sua tenda. Sono da lui accolti, e finiscono per mangiare assieme ciò che Abramo prepara per quei ospiti inattesi e straordinari. E’ una immagine stupenda di ciò che è la risurrezione: l’inizio della comunione definitiva fra gli uomini e Dio, fra gli uomini, il creato, e il creatore. Anche i sassi sulla riva del mare (eravamo a Varigotti, sulla riviera ligure), anche le foglie che spuntavano in quell’inizio di primavera sui cespugli delle colline erano tirati dentro da don Giussani in quella comunione cosmica. Così imparavamo che tutto ha una sorgente, un’origine: il Padre. Da lui tutto dipende, da lui discende il mondo. Egli è colui che ci genera anche adesso, in questo istante, come ha generato per sempre il Figlio durante l’alba della resurrezione, e noi siamo partecipi di quella rinascita che non finirà più. “Noi siamo un eco gratuito e libero di quella generazione, di quel Figlio”. Don Giussani ci parlava, e continuerà a parlarci dopo, di quel dialogo infinito e continuo fra Dio e l’uomo che è la vita. Dialogo non facile, addirittura talvolta terribile, perché porta dentro la nostra vita una misura nuova che può sconvolgere ogni nostro piano, ogni nostra sicurezza, e che rimane infine irriducibile a noi. Giussani allora ricordò Giacobbe, che dovette combattere con Dio, apparso anche a lui sotto forma di un angelo. In questi giorni di lutto per tutto il nostro paese, segnato dal terremoto, siamo costretti a tenere aperta questa strada, la strada della croce, della sofferenza, della conversione. La strada di Maria, che più di ogni altro ha vissuto dentro di sé lo strappo terribile del Figlio innocente condannato e ucciso, torturato, svillaneggiato. Proprio per questa sua obbedienza ha potuto vedere l’alba della risurrezione. “Avvenga di me quello che tu vuoi, sono disponibile a quello che tu vuoi”. Noi sappiamo che Dio vuole il nostro bene, anche se le strade della sua realizzazione sono talvolta molto ardue, e addirittura dolorose.

Siamo come Mosè

14:18 / Pubblicato da Alessandro / commenti (0)

Questo è un articolo che don Giussani ha scritto nel 2003 a seguito dell’incidente dello Shuttle Columbia, e che un amico ha avuto il genio di inviarci. La circostanza è diversa, però pensavo che in molti - anche in molti di noi, quando avvengono tragedie simili - indugia sempre il rischio di uno sgomento che prelude a un rassegnato fatalismo o a uno strisciante scetticismo, quindi una ribellione a ciò che c’è e a un’incapacità di azione. Bello invece che siamo richiamati a stare davanti al dramma nella sua interezza, senza nascondere nulla. Francesco R.

Mosè e lo Shuttle Riflessione religiosa su una tragedia della modernità
Osservando le immagini dello Shuttle che precipita, si impone una domanda: con tutto quel che accade, è giusta la vita? Se non rispondessimo, tutto rimarrebbe nella disperazione, come se la tragedia dello Shuttle capitasse centomila volte in un giorno, lasciando centinaia di milioni di persone disperate. Eppure nella sua ricerca di una risposta che affermi la libertà o la bontà o la giustizia, l’uomo incontra un limite, si scopre limitato per natura, così che tutto sembra senza fiato, e appare impossibile a chiunque compiere una sola azione di vita senza commettere ingiustizie o contraddizioni. Siamo tutti come Mosè, cha aveva accompagnato per centinaia di chilometri i suoi; arrivato al confine di quello che sarebbe diventato poi lo Stato di Israele, dall’alto del monte guarda da lontano la Terra Santa senza poterla toccare, poiché Dio gli aveva detto: «Per punizione del tuo timore, del tuo non avermi reso giustizia, tu morirai prima di giungere nella Terra promessa». Infatti sarà Giosuè a fare entrare le truppe per la conquista. Ecco, noi stessi ogni ora siamo come sul limitare di una terra tanto desiderata quanto irraggiungibile. E per questo la domanda sulla riuscita della vita domina le giornate di chiunque abbia respiro umano. Ora, c’è un’unica spiegazione cha dà ragione di tutto ciò che è accaduto: la croce di Cristo; la Sua morte è la risposta di Dio ai nostri limiti e alle nostre ingiustizie. Ci sarebbe un orizzonte di mancanza di ragione in tutte le cose. Qualsiasi evento capiti non troverebbe mai risposta adeguata, se non ci fosse Cristo: Lui segna l’ultima vittoria di Dio sulla realtà umana; qualsiasi cosa accada, è la «misericordia» che legge tutto ciò che è umano. La misericordia: Dio compie la vittoria sul male dentro la storia come positività, è questo che dà la ragione a ciò che accade. Ma l’uomo non riesce a capire questa spiegazione. L’unica possibile spiegazione perché il danno e il male non siano il segno ultimo della storia. Allora avviene una cosa impossibile, la più impossibile: l’uomo si fa giudice di Dio. Mi mette le vertigini pensare al futuro, a quel che l’uomo può fare se giudica ingiusto Dio per qualcosa che accade e che egli non riesce a comprendere. L’uomo non può. Dio può fare e può permettere quello che vuole (è il mistero di Dio, in cui l’uomo non può entrare se Dio non gli apre la porta) e l’uomo che giudicasse Dio – per pura presunzione ‐ compirebbe il vero cataclisma. La tragedia di Gesù è questa! Invece la morte e il destino di Cristo sono la resurrezione della vita: la vittoria sul male. Chi accetta questo fatto, partecipa della resurrezione della vita. Chi, non comprendedolo, non lo accetta, distrugge il mondo. Ma dire che Cristo «ha vinto» è un’espressione strana per l’uomo e così giungiamo ad essa come ad un’uscita misteriosa, che rimane mistero fin quando il Padre lo vuole, finché il mistero di Dio non si riveli. E quando si rivelerà, sarà la fine, la fine del mondo. Per potere dire: «Ha vinto», l’uomo deve fare una scelta: la scelta che il bene trionfi sul male. La scelta del bene e non l’insistente sottolineatura del male. E questo è innegabile che sia giusto: a priori è giusto, non è una spiegazione che possiamo dare noi, ma qualcosa che riconosciamo. Proprio per questo la storia dell’America ci insegna una positività della vita che è di esempio a tutto il resto del mondo. E ci insegna anche che se manca il senso del tutto, questo fa diventare infinita la possibilità di ribellione e di massacro. Dio, il Signore mi fa giungere alla certezza della fede: che l’amicizia di Dio con me, con l’uomo, non può essere messa in discussione da nulla (fin dall’inizio Dio è venuto in terra scegliendosi un popolo, una nazione prediletta per portare il mondo a un compimento che altrimenti non avrebbe mai avuto). Pensare che poco prima di morire Gesù abbia detto: «Amico!» a Giuda che lo tradiva, è una cosa dell’altro mondo. Dice il Salmo 117: «Lodate il Signore perché è buono, eterna è la Sua misericordia». E’ una cosa dell’altro mondo. Pensavo in questi giorni a Massimiliano Kolbe, che dice al capo tedesco: «Tu ne devi ammazzare dieci, io ne sostituisco uno che ha figli…». E il tedesco accetta l’offerta. Se Hitler fosse stato lì in quel momento, non avrebbe certo premiato quel capitano… il capitano tedesco aveva applicato un’idea di giustizia che non era quella di Hitler; accettando lo scambio, aveva espresso il sentimento naturale di un uomo che poteva avere figli come il condannato. La Chiesa ha fatto santo padre Kolbe perché ha reso giustizia a se stesso davanti a Dio. Come fu per la Madonna, che per me rimane il vertice di quell’evoluzione dell’io che si chiama santità. Per cui di fronte a qualsiasi disastro o limite, un uomo può affermare con sicurezza che la vita è giusta perché va misteriosamente ma sicuramente verso il suo destino di positività. Luigi Giussani lunedì 10 febbraio 2003

Tutto era già scritto

12:51 / Pubblicato da Alessandro / commenti (4)

Che rush di emozioni scoprendo, tramite l'amica blogger Anna Vercors (http://annavercors.splinder.com/) , questo bellissimo video: opera dei volontari di http://www.laquerciamillenaria.org/ . Sono tornato in un attimo ai ricordi di quel giorno di marzo del 1999, quando in un'asettica stanza del più famoso ospedale pediatrico di Genova, una "umanissima" dottoressa addetta alle indagini ecografiche ci disse che Simone era affetto da una importantissima "atresia esofagea" ed era fondato il sospetto ci fosse anche la sindrome di Down e quindi, senza chiederci nulla, ci disse dove poter andare (visto che si era al sesto mese di gravidanza) ad abortire. Francia, Inghilterra e financo gli U.S.A.. Che paura e che smarrimento! Ma lui era mio figlio e se malato non andava amato forse ancor di più? E poi noi, mamma e papà, attendavamo proprio lui. Lui e non un altro. E che gioia infinita ha riversato nella nostra vita, anche se solo per sei anni. Dono di un Amore Infinito. "...informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era già scritto nel tuo libro; i miei giorni erano fissati quando ancora non ne esisteva uno" (Sal.139). Per questo stamani, dopo che la mia amica Adriana mi ha fatto leggere l'intervista a Repubblica, http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/cronaca/viaggi-della-fecondazione/donna-dopo-ricorso/donna-dopo-ricorso.html di una mamma che, grazie ad una sentenza della Corte Costituzionale, può permettersi di "provare" più embrioni per scegliere "un" figlio più sano possibile, ho avuto il desiderio di poterla abbracciare e di dirle di usare la propria libertà per dire si a quel figlio donato anche se adesso chiamarlo "dono" per lei può sembrare agghiacciante. Dire si alla realtà, soprattutto quando il bisogno abbonda, porta soltanto una sovrabbondanza di Grazia. Questo sotto è il giudizio molto "ragionevole" della mia amica Adriana:

(...) ed ho pensato che la cosa più triste è che la donna in questione non ha nessun amore per sé, la sua malattia la definisce e punto (ma siccome la realtà non molla, ecco che nasce il desiderio proibito di essere mamma…!), tanto che poi lei definisce e sceglie i suoi figli a partire da questa.

Problemino: e se un figlio si ammala dopo di qualcosa d’altro? La risposta purtroppo l’abbiamo vista poco più di un mese fa…

E poi: tre embrioni, due malati e uno non adatto all’impianto, perciò… eh già, che fine hanno fatto?

E’ l’astrazione che prende il posto della realtà.

Sostienici!

12:17 / Pubblicato da Alessandro / commenti (0)

Anche quest'anno abbiamo sostenuto decine di famiglie. In difficoltà, con tanti figli, spesso portatori di gravi disabilità. Con la nostra compagnia e anche con Ventitremila euro raccolti con i nostri piccoli eventi. Se vuoi aiutarci ci sono tanti modi per farlo. Sostenendoci con donazioni, con il 5X1000 e se lo desideri, unendoti a noi nell'organizzare eventi, nel renderti disponibile per un aiuto o una semplice compagnia alle famiglie e ai loro bimbi e con quello che il tuo cuore dirà. Qui sotto il promemoria per la donazione del 5X1000 e l'invito al prossimo piccolo evento. Grazie