Meeting/ 365 giorni l'anno

21:50 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (2)

Domani, sabato, il Meeting finisce. E' già sabato in realtà perché sono le due di notte. Questa volta è andata così, abbiamo tirato tardi nel bunker, tra partita dell'Inter, cenetta di redazione, qualche articolo da caricare sul sito, anche qualche discussione. E' stata dura, ma ce l'abbiamo fatta. Domani si torna a casa. Attraversiamo il salone deserto, a quest'ora profonda della notte. Fa impressione camminare là dove due ore prima c'erano migliaia di persone accaldate e accalcate, adesso è il deserto totale. Silenzio irreale nell'immensa fiera. Ogni tanto passa qualche volontario del turno di notte in bicicletta. Chissà dove sta andando. Si sente solo una possente, armoniosa voce echeggiare per tutta la fiera. E'quella di don Giussani. E' il messaggio registrato che si sente durante la visita alla sua, bellissima, mostra. Lo lasciano andare in repeat per tutta la notte. E' una voce calda, che dice quello che conta veramente: "Non voglio vivere inutilmente. E' la mia ossessione". Fa venire anche un po' i brividi questa voce che ti segue mentre cerchi di guadagnare l'uscita della fiera. E' il Destino che bussa alla porta. Fuori, è luna piena. Le torri alla luce blu si stagliano contro il cielo. E'una notte magnifica. E' una notte totale. Tutto è come deve essere, ogni cosa va nella direzione voluta dal Destino. Il Meeting sta per finire, ma non è vero. Il Meeting continua 365 giorni all'anno. Basta farne memoria e continuare a tornare all'Essenziale. E non vivere inutilmente, come vorrebbero che facessimo. Si torna a Milano. Abbiamo un nuovo amico, Tommy (redattori de Il Sussidiario si concedono un sigaro) Il popolo del Meeting Volontarie stramazzate Flannery Nella casa di specchi di Flannery O'Connor L'angelo della redazione, la Cami

Meeting/ Day.. what?!

16:28 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (3)

Devo dormire. E’ da sabato scorso che dormo quattro, cinque ore a notte. La mia camera d’albergo sembra quella di Hunter S. Thompson impersonato da Johnny Depp nel film Paura e disgusto a Las Vegas. Che Hunter S. Thompson era il re degli scrittori gonzo, dunque uno dei miei eroi. Ma insomma, non è che me ne sono andato dal Meeting, è che non riesco più a stargli dietro. Ho sentito le parole della vedova Coletta e per la prima volta in vita mia mi sono sentito orgoglioso di essere un italiano, e vorrei avere un centesimo della fede che ha lei. Ho incontrato un sacco di bella gente, rivisto amici, fatto notte tarda dopo la cena – sontuosa – della Fondazione Sussidiarietà con un sacco di amici… Il Meeting è troppo grande, ti supera da tutte le parti, e io ho bisogno di dormire. Insomma, al Meeting è arrivato anche Alessandro Tanturli per cui degli ultimi giorni ne parlerà lui. Mi sembra giusto. Intanto lascerò spazio all’amico Germano, che ha cose molto più belle e intelligenti delle mie, da dire… vado a dormire sulle scale della redazione… “Leggendo queste righe sulla mostra di Solidarnosc, mi è tornato in mente che quelli erano proprio gli anni che arrivavo alle superiori dalla parrocchia con la raccomandazione di fare attenzione a quelli di CL, “brutta gente”. E io invece incontrai proprio Andraghetti, Bottai, la Fiamma, Battifora, Bottino… E il tramite furono proprio quelle spilline e le cartoline di Solidarnosc. Di acqua sotto i ponti ne è passata una cifra, il rischio è la nostalgia da vecchietto, , ma alla fine in una spirale di incontri vengo rilanciato dal Cardinale Simonis. “La speranza per il continente siete voi” mi dice in auto mentre lo accompagno al Meeting, lui che da vent’anni ci viene sempre. Quella speranza che aspetta al Portico di Compostela, a braccia aperte anche un coglione come me tanti anni dopo quella prima volta nonostante i miei tradimenti: avevano ragione, “brutta gente” quelli di CL. Ti aspettano anche una riga di anni, sono sempre lì, solo un po’ più vecchi e con un po’ di pancia in più” (Germano)

Meeting/ Day Four

09:14 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (4)

Giornata degli incontri. Oddio, al Meeting è praticamente impossibile non incontrarsi, ma la cosa bizzarra è che su una media giornaliera di 200mila visitatori, ci sono sempre quei due o tre che li incontri sempre. Deve esserci una legge della fisica applicata alla casualità del fato. Comunque giornata tranquilla ieri, giorno del Meeting terzo. Abbiamo preso un bel ritmo qua nel bunker. Io ho anche fatto un paio di interviste. C’è in giro Letizia Moratti con il suo amico Red Ronnie. Mentre i nostri politici di redazione intercettavano il sindaco, io dovevo intercettare Red. Ovviamente mi ero dimenticato, ma soprattutto non avevo visto che era già fuori della porta della redazione. Così quando un amico mi vede passare sulla balaustra che porta in redazione, mi chiama, “vieni a farti una birra”. Al Meeting, si sa, visto il casino di gente, bisogna urlare per comunicare. Così gli urlo, “non posso devo intervistare Red Ronnie”. Lo urlo due volte. Mi giro e vedo il direttore che mi presenta Ronnie. Zzzo penso, meno male che non ho urlato “devo intervistare quel c.. di Red Ronnie”. Che è un tipo simpaticissimo, e poi mai nessuno in Italia ha intervistato tutti ma proprio prima, come si dice, mi è capitata fra capo e collo all’improvviso. Ero in bagno, una delle poche volte che avevo trovato il tempo per andarci, e mi squilla il cellulare. Zzzo. Era il mio collega, “vieni in redazione che facciamo quella cosa che sai”. Io, come sapete, non so niente o quasi. Mi ero infatti dimenticato che oggi dal Meeting passava Red Ronnie con la sua amica Letizia tutti, da George Harrison a Paul McCartney eccetera eccetera. E il suo programma tv era l’unico vero programma tv dove ascoltare musica live, ad esempio Ben Harper prima che Ben Harper diventasse di moda. O Ani Di Franco, o anche il mio amico Elliott Murphy. Fa un solo errore, il buon Red: non sa con che giornalista sta parlando. Infatti a un certo punto dice che Jimi Hendrix scriveva vere poesie, mica Bob Dylan. Scusa Red? Vado a fumare una cicca, e incontro il figlio sedicenne di una coppia di amici. Sta aspettando di entrare a un incontro, è lì da solo. Lui è in sedia a rotelle da quando è nato, e tanti altri problemi. Eppure non ho mai visto un ragazzo più contento di stare al mondo. Mi viene voglia di abbracciarlo forte mentre lo saluto, e non sono pensieri che mi vengono spesso, tutt’altro. Come avrebbe detto don Pino nell’incontro di oggi pomeriggio, “il cuore è infallibile”. Già. Qualche ora dopo, un’altra cicca, lungo una delle piscine. Eccolo lì, in braghe corte e sandali, sigaretta anche lui. Don Eugenio, “Genio” come lo chiamiamo talvolta. UN abbraccio, questa volta, e subito a informarsi delle mie cose, disoccupazione, lavoro, eccetera. Gli dico che sono stato assunto, “hai visto” dice ridendo. Già, lui me lo diceva sempre di fare delle novene quando ero disoccupato. Le faccio anche adesso che ho trovato lavoro. Il cuore è infallibile. L’ultimo incontro è per lavoro, che il mio è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. Vado al soundcheck di Terra Naomi, la brava, e bella, cantante americana che stasera si esibisce al Meeting. L’avevo intervistata via e-mail l’anno scorso, trovarsi di persona, anzi incontrarsi, è però tutta un’altra cosa. La cosa forte è che il suo primo tour in Italia glielo aveva organizzato un sacerdote, che incontro anche lui. “Quando è arrivata in Italia e ha visto che ero un prete, è rimasta un po’… “ se la ride di grosso. Forte, questo prete: “Adesso voglio portare in Italia The Tallest Man on Earth!”. ‘Cidenti, dico io, magari. “Ah, la musica….” Mi fa. “Pensa che capii di avere la vocazione ascoltando musica rock”. E c’è chi dice che il rock è la musica del diavolo… Come diceva Lou Reed, tutti abbiamo un cuore rock’n’roll. E il cuore è infallibile. L’intervista a Terra invece la trovate qui,http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=108305

Meeting/ Day three

15:35 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (2)

Sera tarda, ultima riunione di redazione, occhi che si chiuderebbero volentieri. Il Meeting quasi deserto, il momento migliore per visitarsi un paio di mostre. Cerco quella su Flannery O’Connor, mi imbatto in quella su Solidarnosc. E già, dico mentre entro, questo mese di agosto 2010 sono trent’anni da quei giorni fantastici. Straordinari quei giorni, quegli anni, quelli di Lech Walesa e del più libero sindacato della storia dele lotte operaie. Allora, quell’agosto del 1980, avevo 18 anni. Mentre comincio a guardare le foto di questa mostra, la commozione sbotta fuori prepotente. Le ricordo tutte, quelle foto, sembra ieri. Quei volti, belli, fieri, liberi. Lech Walesa e i suoi baffoni, altro che quelli di Stalin, e la spilletta con la Madonna Nera. Ricordo come discutevamo scioccati alle immagini che arrivavano da Danzica, quei giorni del 1980. Che sta succedendo qui? Operai in ginocchio che si fanno il segno della croce durante lo sciopero invece che sventolare noiose bandiere rosse e alzare il pugno? I tempi stanno cambiando, avrebbe detto qualcuno. Leggendo la dichiarazione di richieste in 21 punti degli operai Solidarnosc, appare evidente l’originalità e la grandezza di questo sindacato. La prima richiesta di aumento salariale arriva verso il decimo punto. Prima solo richieste di libertà: di parola, di religione, di espressione. E dire che questa gente, questi operai polacchi, era gente che letteralmente moriva di fame, nella gloriosa Polonia socialista del fallimento, ideologico ma anche economico. Altro che la rivoluzione dei ragazzi borghesi figli di papà e annoiati del nostro 68: quella polacca di Solidarnosc è stata insieme a quella di Budapet del 56 e a quella di Praga del 68 l’unica vera rivoluzione del Novecento. E guarda un po’, non contro i padroni, ma contro i comunisti. Tutte e tre. Guardo quelle foto, Piazza del Duomo a Milano con l’enorme croce di lumini e migliaia di persone con le bandiere polacche, in quei giorni del dicembre 1981 quando fecero, i comunisti, il colpo di stato. Da Chiavari andavamo in treno per partecipare a quei momenti, partecipi anche noi di quella grande lotta per la libertà. Mentre il mio professore, onest’uomo del PCI, mi diceva che a scuola non bisognava fare politica: perché entravo in classe con la t-shirt con la scritta Solidarnosc. Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere per l'ipocrisia. Alla fine della mostra ci sono le spillette del sindato: altra commozione. Sono dentro una bacheca di vetro, come reliquie. Ne avevo a decine, allora. Vorrei averle tenute. Che ricordi. Formidabili quei giorni, formidabili quegli anni.

Meeting/Day two

12:48 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (0)

Qua nel bunker oggi, primo vero giorno di Meeting, ma secondo giorno per chi scrive, il caldo è osceno. Il boss della Fondazione ci sfotte quando passa di qui chiamandoci “albanesi”: “Come va a Tirana?”. Ogni tanto viene qualche esperto del Meeting a cercare di far funzionare i condizionatori ma niente da fare. Solo verso le nove di sera ci portano un pinguino gigante. Domani andrà meglio – oggi per chi scrive e legge. Giornata memorabile comunque quella di oggi al Meeting. Non da tutti i giorni vedere un gruppo di ragazzi ugandesi più neri del nero fare un coro di canti alpini. Una volta tanto, invece di importare noi occidentali mode terzomondiste che sappiamo solo rendere ridicole o ideologiche, degli africani hanno importato una cosa bella (nostra) a casa loro. E il risultato è commovente. Come sono state commoventi le loro testimonianze nell’incontro che ha preceduto i canti afro-alpini. Okello, ad esempio, racconta di quando ha rifiutato l’offerta di un importante azienda islamica che gli proponeva di andare a lavorare in Dubai: un sacco di soldi di stipendio e anche sette vergini in offerta. Non so quanti occidentali avrebbero rifiutato una offerta come questa. “Non sei un uomo come fai a fregartene di sette vergini” gli dicono i suoi amici. A lui non interessa, lui ha incontrato qualcosa di meglio, ha incontrato le parole di don Giussani tramite i suoi nuovi amici. Nel pomeriggio un altro incontro memorabile, quello con la presidentessa d’Irlanda, bella e simpatica, guidato dal mio amico John Waters. Che ha i capelli sempre più lunghi, John, quelli che gli restano, comunque ne ha più di me. In giacca e cravatta fa un bel figurone e quei capelli mi sembra siano così lunghi non per un vezzo esteriore ma quasi a ricordare il passato da cui John arriva, quello di brillante giornalista rock finito alcolizzato (giornalista rock, alcolismo…. Mmmm parole che mi suonano familiari…) che l’ha segnato malamente e che poi lo ha condotto qua. Al Meeting, dove anche lui ha “incontrato” don Giussani. E’ incredibile che incontri sta facendo il Gius da quando è morto. I capelli di John come testimonianza, memento, ricordo, perché quello che siamo stati rimane sempre con noi, nel bene e nel male, ma soprattutto nel bene, adesso. Io seguo gli incontri dal video del mio computer qua nel bunker degli albanesi e sorrido. Sorrido quando viene citata una frase del poeta irlandese Cavenagh, “da una crepa troppo grande non passa nessuna meraviglia”, io che ho fatto del mio motto la frase di un altro poeta, Leonard Cohen, che dice, “c’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che passa la luce”. Ma è vero, la crepa non deve essere troppo grande, se no non è più una crepa, ma uno sconquasso, una devastazione. Lasciamo che la luce passi attraverso le piccole ferite, teniamole aperte però queste ferite. Domani magari vado a pranzo con John e gli chiedo se mi scrive l’introduzione per il mio nuovo libro. Giornalisti rock d’altro canto devono aiutarsi a vicenda, di questi tempi che di grande musica rock ce n’è sempre di meno. No? Stay tuned for more Meeting adventures… E guardatevi il tg Meeting questa sera alle 19.30, in diretta.

Meeting/ Day one

13:43 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (0)

Credo che Germano se mai andrà a fare il volontario al Meeting, dovrebbe proporsi come autista. Mi ha portato a Rimini partenza da Lavagna con una guida perfetta ma la ciliegina è stata la piadineria su una collina nascosta che solo lui conosce. Ottima piadina e ottima guida. Come dite? Germano fa già l’autista al Meeting di Rimini da anni? Non so, lui parla poco e non conferma. Ci lasciamo all’ingresso, giorno ultimo di pre Meeting, lui va a prendere il suo servizio (autista?), io il mio. Attraverso l’enorme fiera con il mio valigione, caldo torrido, qualche volontario distrutto svaccato come corpo morto e non posso fare a meno di pensare che qua è ancora tutto per aria. Stand, mostre, ristoranti. Manca quasi tutto, per terra ci sono latte di vernice, muri da alzare. Dico: ma domani mattina comincia il Meeting, non ce la faranno mai a finire in tempo. Non so. Io prendo servizio, nella nostra stanzetta bunker senza finestre e ovviamente aria condizionata che non funziona. Uno a uno arrivano tutti, alla fine siamo circa quindici (la nostra redazione più qualche simpatico volontario, come un romano de’ Roma che sventura sua mi si piazza a fianco proprio poche ore prima della finale di Supercoppa Inter-Roma…) e dentro fa un caldo osceno. La mia amica Camilla sparisce e torna poco dopo con un bel ventilatore che piazza proprio in mezzo fra me e lei. Cosìva meglio. Faccio la mia prima intervista, Alfredo Minucci, il cantautore napoletano che tanto piace a tutti, tranne a me che non mi piace la canzone napoletana. Ma a lui non lo dico. In realtà lui è bravo davvero. E’ anche simpatico, ma lo sono tutti i napoletani più o meno, ma soprattutto mi dice un sacco di cose belle. Ad esempio mi cita questa frase di don Giussani che a lui napoletano ha fatto capire il vero senso di queste canzoni: “Le canzoni napoletane raccontano amori così grandi che questi amori non possono mai morire”. Adesso lo capisco anche io, le cose vere non finiscono mai, come le canzoni e l'amore. Poi si lavora, problemi tecnici, casini vari. Esco fuori della sala stampa a fumare una sigaretta. Davanti al mio ufficio un enorme foto di don Giussani e la mostra a lui dedicata. Non è un caso penso. Guardo da quassù il Meeting e mi commuovo un po’. Non è una roba normale il Meeting. E’ una presenza che si impone. Come il mio caporedattore. Che scassa i marroni ma capisco che anche lui ha un senso. Mi fa da memoria. Come la foto del Gius. Io sarei altrove se no. Sarei messo male, molto più di quanto comunque non sia. Sono fortunato mentre guardo da quassù Meeting, penso. Non sono mai solo, non sono mai stato lasciato solo. Stamattina, domenica, entriamo al Meeting un paio d’ore prima che aprano i cancelli. Sono scioccato. E’ tutto perfettamente in ordine e pronto. Ogni mostra, ogni stand, ogni ristorante. Chi è stato qui stanotte? Non lo so. Io non so niente. Io, come dice Micucci, mi affido soltanto. Intanto posso sfottere il mio compagno di banco, il romano: “Hai visto che con Adriano in campo l’Inter vince sempre”. Già, peccato per loro che Adriano mo’gioca nella Roma… Grande Inter. http://www.ilsussidiario.net/News/Editoriale/2010/8/22/Liberi-senza-finzioni/107540/ stay tuned for more Meeting adventures... domani day two.. intanto quest'anno abbiamo anche il tg, e lo abbiamo fatto noi, cioè quelli della mia redazione, mica male:

Shooting Star

13:51 / Pubblicato da Alessandro / commenti (3)


STELLA CADENTE
 Bob Dylan

Ho visto una stella cadente stanotte
e ho pensato a te.
Cercavi di entrare in un altro mondo
un mondo che non ho mai conosciuto.
Mi sono sempre domandato
se tu ce l'abbia fatta.
Ho visto una stella cadente stanotte
e ho pensato a te.
Ho visto una stella cadente stanotte
e ho pensato a me.
Se ero ancora lo stesso
se sono mai diventato quello che volevi io fossi
ho mancato il bersaglio oppure
ho oltrepassato la linea
che solo tu potevi vedere ?
Ho visto una stella cadente stanotte
e ho pensato a me.
Ascolta il motore, ascolta la campana
mentre l'ultimo veicolo dei pompieri dall'inferno
passa velocemente, tutte le persone buone stanno pregando,
E' l'ultima tentazione,
la resa dei conti
l'ultima volta che potrai sentire il sermone sulla montagna,
l'ultima radio sta suonando
Ho visto una stella cadente stanotte
scivolare via.
Domani sarà un altro giorno.
Suppongo sia troppo tardi per dirti le cose
che avevi bisogno di sentirmi dire.
Ho visto una stella cadente stanotte
scivolare via.

SHOOTING STAR
words and music Bob Dylan
Seen a shooting star tonight
And I thought of you.
You were trying to break into another world
A world I never knew.
I always kind of wondered
If you ever made it through.
Seen a shooting star tonight
And I thought of you.
Seen a shooting star tonight
And I thought of me.
If I was still the same
If I ever became what you wanted me to be
Did I miss the mark or
Over-step the line
That only you could see?
Seen a shooting star tonight
And I thought of me.
Listen to the engine, listen to the bell
As the last fire truck from hell
Goes rolling by, all good people are praying,
It's the last temptation
The last account
The last time you might hear the sermon on the mount,
The last radio is playing.
Seen a shooting star tonight
Slip away.
Tomorrow will be another day.
Guess it's too late to say the things to you
That you needed to hear me say.
Seen a shooting star tonight
Slip away.