Via Torino, centralissima Milano, quella dello shopping, della movida notturna e tanto altro. Sto andando a fare un saluto di fine anno agli amici della Fondazione Sussidiarietà. Mentre sono lì ne approffitto per fare due passi sotto a qualche fiocco di neve incipiente. Quando è "chiusa per ferie", Milano sa essere anche bella. Ancora più belle sono le sue chiese, ad esempio la basilica di San Lorenzo, che si trova proprio alla fine di via Torino. Imponente, con la sua struttura circolare, le sue fondamenta poggiano su antichissime strutture paleocristiane. Come dire: i cristiani, da sempre, potevano anche essere dei poveracci ignorantoni mezzi morti di fame, ma non si risparmiavano quando si trattava di costruire la casa del Signore, aggiungendoci nel corso dei secoli sempre qualcosa, fino a quelle meraviglie che sono diventate oggi. A fianco della basilica un altissimo palazzo della vecchia Milano, la cui facciata è un enorme muro bianco. Sopra, ci hanno dipinto un murale. Lo osservo disturbato, è inquietante. Due enormi occhi che mi fissano, fissano la città. Leggo il cartellone che lo spiega: sono gli occhi del Buddha. Dipinti su di un muro, dice la scritta, proteggono dal male.
Un tempo, il popolo di Milano con sacrifici enormi aveva innalzato sulla cima più alta del Duomo una Madonnina d'oro. Come diceva la canzone, era lì per proteggerci. Dal male. Oggi la gente preferisce farsi proteggere dagli occhi di un Buddha.
Ieri sera sono andato a messa con mia figlia. Il prete ci ha anche chiesto di portare i doni all'altare. Tutto molto bello. Durante l'omelia, quel prete cita una frase di una canzone di Francesco Guccini, "quanto tempo dovrà l'uomo vivere prima che impari a non uccidere più". Pressapoco; non ascolto più Guccini da circa vent'anni e non la ricordo bene come la ricorda quel sacerdote. Però ascolto ancora un grande cantautore cattolico, Claudio Chieffo, che in una sua canzone diceva "non è morto il male del mondo, e noi tutti lo possiamo fare". L'omelia si incentrava appunto sul male degli uomini, e ieri, che la liturgia ricordava la strage degli innocenti, nel momento in cui in Palestina avveniva una nuova strage di innocenti, non c'era niente di più facile che paragonare gli eventi, quello di 2mila anni fa e quello di oggi. Il prete non lo dice, io invece penso che, oggi che ebrei e palestinesi si ammazzano fra di loro, in fondo Gesù era un ebreo della Palestina. Figlio della loro terra, aveva detto loro di essere il figlio di Dio. Qualcuno non gli aveva voluto credere e continua a farlo ancora oggi. Ci sarà un motivo per cui la strage degli innocenti si rinnova con puntualità. E ci sarà un motivo anche per cui certi preti conoscono di più le canzoni di Guccini che quelle di Chieffo. Il male del mondo non morirà mai. E noi tutti lo possiamo fare. Inutile pensare che l'uomo impari (da solo) a non ammazzare.
Con nella testa confuse immagini degli occhi di Buddha, Francesco Guccini e la terra Santa, vado in cucina a farmi un caffè. Visto il freddo polare di questi giorni, lo innaffio di una abbondante dose di buon whiskey. Mi cadono gli occhi (i miei, non quelli di Buddha) sul simpatico calendario di Frate Indovino che c'è al muro. In particolare, c'è una frase di Madre Teresa su questo mese di dicembre: "Penso che il mondo di oggi sia sottosopra. C'è tanta sofferenza perché c'è così poco amore in casa e in famiglia. La disgregazione della pace nel mondo comincia in casa".
Poi guardo il biglietto di auguri di Vittadini. C'è una frase del Gius: "Che cosa è il cristianesimo? E' un uomo che si è detto Dio, vale a dire, è un uomo che ha detto Io sono la salvezza della tua vita. Io sono il significato della tua vita".
Davvero, non c'è bisogno di sentirsi dire altro.
Buon anno nuovo dalla fredda, freddissima Milano.
Nel luglio del 2003 Giovanni viene al mondo. Il primario del reparto di patologia neonatale dove è nato ripete un commento già sentito: “Non ne ho mai visto nessuno vivo”. Al piano di sopra, il cardiochirurgo che il giorno dopo lo opererà conferma invece le statistiche di Norwood.
Contraddizioni incredibili, alle quali Beatrice e suo marito cominciano a fare l’abitudine.
L’operazione al secondo giorno di vita riesce perfettamente, così la seconda a otto mesi, così la terza a tre anni e mezzo. Il primo anno è il più duro. Giovanni non deve assolutamente ammalarsi.
Un anno di clausura. Per Beatrice, una prova non da poco. La sorregge un’immagine riportata a casa dall’ospedale. Giovanni, come altri bimbi, è troppo debole per succhiare al seno; il latte va estratto col tiralatte e poi somministrato col biberon. In ospedale c’è un apposito lactarium dove le mamme si ritrovano per svolgere il faticoso compito. Beatrice ne ha adocchiata una, è sempre lì prima di lei, se va dopo che lei è andata, ogni volta ne tira pochissimo, non più di dieci millilitri.
Rimane impressionata da questa mamma, che si sottopone a quel sacrificio per dare al suo bimbo almeno un po’ del meglio di sé.
Oggi Giovanni conduce una vita sostanzialmente normale, gioca, va all’asilo. Con qualche limitazione. Non può salire oltre mille metri con il padre, appassionato montanaro. Lo attende un trapianto verso i dieci anni, quando il ventricolo destro, che ora fa anche il lavoro del compagno mancante, cederà. Il cuore nuovo durerà una decina d’anni; poi, verso i venti, nuova sostituzione.
Poi, chi lo sa: il cardiochirurgo che li segue sa di un solo caso che, finora, ha raggiunto la soglia del terzo cambio di cuore.
Nel luglio del 2008 a casa di Beatrice squilla il telefono. E’ Maddalena, giovane mamma di una città del centro Italia. Ha una figlia di tre anni e attende un bimbo con una patologia simile a quella di Giovanni. L’ha rintracciata per una serie di circostanze assolutamente casuali, per via di parentele lontane. Maddalena aveva già chiaro in testa cosa fare. Poi ci ha ripensato e ha chiamato Beatrice.
“Domani parto per Barcellona. Ho prenotato l’aborto lì perché in Italia sono già troppo vicina al limite previsto dalla legge. Abortisco perché non posso mettere al mondo un bimbo infelice, non posso condannare l’altra mia figlia e mio marito all’infelicità”. Non chiede consigli, ha già deciso, vuole solo comunicare la sua risoluzione a qualcuno che la possa capire. Beatrice la ascolta: “Guarda, io sono una donna felice, Giovanni è un bimbo di cinque anni felice, fa le capriole nei prati, salta, corre, va all’asilo. Dopo di lui abbiamo avuto altri due figli”. Maddalena rimane senza parole. Ma come avete fatto? “Per me e per mio marito la vita è una cosa buona. Vorremmo che anche Giovanni capisse che la vita è una cosa buona. E come facciamo a farglielo capire? Gli abbiamo dato altri due fratellini”. Beatrice dà a Maddalena i recapiti della cardiologa di cui sopra.
Si salutano. L’indomani sera il telefono squilla di nuovo. E’ Maddalena. “Siamo in aeroporto, stiamo aspettando l’aereo per Barcellona. Viene con noi anche Maria, l’altra figlia. No, non andiamo ad abortire, andiamo a farci una vacanza. No, non è stata la cardiologa. Avevo già deciso dopo la chiacchierata con te. Eravamo da parenti, molto lontano da casa. Stamattina mio marito mi ha detto: prendo il biglietto anche per Maria. A Barcellona andiamo, ma in vacanza”. Al ritorno, le due continuano a sentirsi. Maddalena è un po’ in ansia, ma ormai decisa. Beatrice decide di andare a trovarla. Si mettono d’accordo per incontrarsi a Roma. Maddalena e il marito la accompagnano a fare un giro per la città, piazza Navona, Fontana di Trevi, pranzo in trattoria. Ridono, piangono, scherzano, come si conoscessero da sempre. Beatrice tira fuori una poesia. L’hanno scritta insieme per il nascituro mamma e figlio, Giovanni adora giocare alle rime. Maddalena e il marito la accompagnano in aeroporto. Al momento di salutarsi Maddalena si scioglie in lacrime: “Tu hai dato la vita a mio figlio. Non voglio perderti”. Beatrice non sa cosa dire, vorrebbe sdrammatizzare, alla fine le esce solo un “non piangere”. Sull’aereo, ripensando all’episodio, ha un sussulto. Le viene in mente un passo del Vangelo di Luca su cui tante volte si è soffermata. “Poco dopo, egli si avviò verso una città chiamata Nain, e i suoi discepoli e una gran folla andavano con lui. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che si portava alla sepoltura un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova; e molta gente della città era con lei. Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: ‘Non piangere!’. E, avvicinatosi, toccò la bara; i portatori si fermarono, ed egli disse: ‘Ragazzo, dico a te, alzati!’. Il morto si alzò e si mise seduto, e cominciò a parlare. E Gesù lo restituì a sua madre”. Quante volte si è sentita dire da un amico prete: “Ma come è possibile? Come si può dire a una madre, a una vedova che ha perso l’unico figlio: ‘Donna, non piangere’? Come può Gesù dire una cosa così? Solo perché è in grado di restituirglielo”. A Beatrice corre un brivido lungo la schiena: anche lei ha reso il figlio a Maddalena, anche lei le ha potuto dire “non piangere”.
A fine ottobre il bimbo di Maddalena è nato, nei giorni successivi è stato operato, secondo la prassi. L’operazione è riuscita: un breve periodo di suspense, poi si è ripreso alla grande: addirittura, ha già cominciato a succhiare da sé. Beatrice ha spedito a trovare Maddalena una sua amica dei dintorni, una mamma di sei figli di cui uno gravemente autistico. Maddalena vede che la gente convinta che la vita è buona non è poi così rara, si rincuora sempre più. “Adesso che c’è – telefona a Beatrice – l’unica cosa che desidero è che rimanga”. Il piccolo di Maddalena viene battezzato oggi, 27 dicembre, festa di san Giovanni apostolo. Il santo eponimo del piccolo Giovannino.
di Roberto Persico su: il Foglio
Perché lui è un bravo ragazzo (happy birthday Alessandro)
La prima volta che l’ho conosciuto non è che mi stesse proprio simpatico. Sembrava la versione economica di James Dean. O una specie di Big Jim venuto male. Poi era l’unico ad avere il vespino e se la tirava un casino. E non me lo ha mai imprestato una volta. A scuola però era un esempio per tutti noi: studioso, serio, molto impegnato.
Credo non si sia mai fatto beccare a copiare un compito, anzi era sempre pronto a offrirsi disponibile a fare anche i nostri.
Quando sono andato a vivere a Milano l’ho un po’ perso di vista, però mi tenevo informato: una brillante carriera universitaria, così mi dicevano, e poi anche una splendida attività imprenditoriale.
Prima che Sir Richard Branson aprisse la catena di palestre Virgin famose in tutto il mondo, lui ci aveva già pensato e a Genova facevano tutti la fila per andare alle palestre “Alexander’s Boys and Girls”.
Ma lui non è mai stato uno che faceva le cose per i soldi. Non sono mai stati la sua preoccupazione principale. Non mi ha mica mai rubato i miei dischi, no, se li è sempre andati a comprare. Chiuse addirittura la palestra per aprire una scuola di calcio per i bambini poveri in Brasile. Così mi dissero. Ci siamo rivisti dopo anni al suo matrimonio. Mi chiese di fargli da testimone. Veramente, quando arrivai in chiesa, e lo vidi con quello splendido completino stile Al Capone, pensai di aver sbagliato indirizzo e già stavo tornando a Milano. No, era proprio lui. Vabbé, si stava sposando con una santa donna che si sarebbe abituata al suo look, alla sua collezione di boccette di profumi da tutto il mondo, agli shampoo che si fa venire apposta dall’Australia e dalle boutique di Dolce & Gabbana e finanche anche alla tintura di capelli quando cominciò a diventare brizzolato.
(Ale & Franci, una coppia con lo sguardo puntato nella stessa direzione)
Però lui, a differenza mia, i capelli non li ha mai persi, ed è un altro dei motivi per cui sono così invidioso di lui. No, non sono invidioso, sono riconoscente di aver condiviso con lui gli ultimi quasi trent’anni della mia vita. Perché, nonostante un carattere un po’... come dire… burbero, è un grande amico. Uno che mi richiama sempre all’essenziale. Uno che prima di dire di sì, magari ci mette un po’, magari non vuole che gli altri lo capiscano, ma nel cuore lo ha già detto da tempo. Prima degli altri.
E guardate che casino ha messo in piedi con questa Associazione Amici di Simone: anche Padre Aldo la cita nelle sue lettere. Ci vuole un grande cuore per tenere su una cosa del genere. Ma lui ha gli amici che lo aiutano. Peccato che io sia a quassù, se no gli darei una mano anche io. Lo faccio allora con la preghiera.
E tanti auguri di buon compleanno, Alessandro.
Ps: quando è che mi restituisci tutti i dischi che mi hai “ciullato”?
(Il George Clooney della Riviera di Levante)
Indovina chi sono i carcerati?
Il 7 e l'8 dicembre nel cuore (borghese) di Chiavari tra i vari stands gastronomici del Festival del Cioccolato, ricolmi di piccoli capolavori di pasticceria e cioccolatini così belli da vedere che pareva un peccato mangiarli, c'era un gazebo un po' diverso dagli altri.
Sicuramente meno elegante, senza tanti fronzoli e persino un po' caotico, ma certamente pieno di
vita e alla portata di tutti (a differenza dei cioccolatini a 50 euro al kg!): era il gazebo dell'associazione Amici di Simone Tanturli in quest'occasione con dei partners davvero speciali,
come non se ne vedono in giro... anche perchè si tratta dei carcerati di Chiavari!!!
Avete capito bene, abbiamo trascorso due giorni interi in compagnia di questi nuovi amici, indaffarati a vendere le buonissime torte realizzate nel laboratorio di pasticceria del carcere,(devolvendo interamente l'incasso all'associazione), mentre noi preparavamo e offrivamo quintali di cioccolata calda ai chiavaresi infreddoliti ma numerosi!!!!
E' stata un'esperienza bellissima scoprire come sia semplice vincere la diffidenza e il pregiudizio,
quanto poco ci voglia per guardare l'altro soltanto per quello che è, cioè un uomo, cioè desiderio di
felicità, disperato bisogno di essere amato e perdonato, esattamente come ognuno di noi.
Grazie dunque a chi ha reso possibile questa bella esperienza, a chi l'ha ideata e a chi ne ha
permesso la realizzazione trascorrendo le sue ore di festa in piedi e al freddo, ma in Compagnia.
Francesca
Cari amici,
guardate il miracolo di Don Giussani: Celeste fa la prima comunione mentre il “condannato” a morte per i medici, Dionisio, ammalato terminale (vedeste in che condizioni era giunto qui...nessuno avrebbe immaginato questo miracolo... la nostra intelligenza e troppo euclidiana...) celebra il suo matrimonio.
Solo lo stupore permette di vedere la grandezza del mistero presente, anche nella peggiore condizione l’uomo é desiderio di felicità e puó essere felice. É la mia vita e quella dei miei moribondi a gridarlo perché i sordi, i borghesi come li chiamerebbe Peguy, ascoltino e si commuovano. Guardate il volto di Celeste: non vedete il segno potente del Mistero? “Io sono Tu che mi fai” ci ripete all’infinito Carron. Ci crediamo o no?
Oggi fa 48º di caldo... ma vivendo guardando stupito Celeste il mio cuore é fresco come una rosa bella. Se volete il miracolo ripetete piú che potete “Io sono Tu che mi fai” e “anche i capelli del mio capo sono contati”. É Celeste a dircelo.
P. Aldo.
5/12
Cari amici, Siamo convinti o no che esiste la Provvidenza e che il principio della economia e´il Santissimo Sacramento e l´Adorazione? Questa mattina presto stavo con gioia, come tutte le mattine davanti al Santissimo sposto, in adorazione quando suona il cellulare: “Pronto sono P. Aldo” “Padre sono la deputada Olga Ferreira…desidero comunicarti che il parlamento ha votato all´unanimitá di portare il finanziamento ordinario della Clinica da 1.270.000.000 a 1.400.000.000. La tua amica é “ex alumna” senatrice Zulma Gomez, presidente della commissione “salute” del Senato ha vinto. Padre sono felice e anche se é ancora notte, volevo comunicarti la mia gioia. Un abbraccio e buona giornata”
Chi ha orecchi che intenda. Sono tornato davanti al Santissimo commosso, con le lacrime. Una volta ancora Lui ha risolto tutto, si perché Lui e solo Lui e´il Parrocco, l ´economo, il direttore sanitario, il capo. Nota: e pensare che la senatrice Zulma Gomez quando era Nostra alunna alla facoltá di medicina di Villarrica per mangiare cercava nei rifiuti delle immondizie qualche pezzo di carne. Che grande storia ho vissuto con lei, povera ragazza con 4 figli a 25 anni sola, e adesso é quello che é. E per di piú se avessimo chiesto 2000 milioni invece di 1.300 lei li avrebbe ottenuti tutti. Mi ha detto: “il prossimo anno P. aldo mi arrangio io a fare le domande al Parlamento e chiederó 2000 milioni. Significa 400.000 dollari” “Con questa somma copriamo il 60% delle spese ordinarie della Clinica Mentre la nuova Clinica ci costa 1.300.000 dollari, che la Provvidenza certamente anche attraverso di te ci fará avere” Ieri sera è stato qui con noi il vicepresidente della Repubblica, Dr. Franco (vedi le foto allegate).
Cari amici, il miracolo continua.
Ecco Celeste e il mio figlio adottivo Trento Aldo participare al grest estivo con gli altri bambini.
Chi l´avrebbe detto? Non i medici che me l´hanno consegnata per seppellirla, ma solo chi ha fede e crede che la vita é un continuo miracolo.
Leggere il vangelo di oggi venerdi per favore. Don Giussani sia davvero una presenza che attraverso Carron e S.D.C ci segue e ci educa.
Gli americani dicono così, "shameless self promotion", farsi pubblicità da soli senza vergogna. Ed è quello che faccio con queste righe, e dunque grazie all'ospitalità di Alessandro che mi ha detto che potevo farlo. Anzi dovevo.
Il fatto è che sono qui a presentarvi il vostro regalo di Natale... vabbè non esageriamo. Per chi fosse interessato, comunque, andando su questo sito http://ilmiolibro.kataweb.it/ (per adesso si trova ancora in homepage, nelle "novità in vetrina", ma comunque cercando il mio nome sul motore di ricerca del sito) si può ordinare il mio libro, dove per la prima volta dopo averne scritti diversi, parlo sì di musicisti rock e di dischi, ma parlo soprattutto di me, della mia vita. Sono racconti, alcuni dei quali pubblicati (ma adesso rivisti, espansi, e poi ce ne sono molti pubblicati per la prima volta) sul mio blog nel corso degli anni e che ho pensato di mettere tutti insieme in un libro alla vecchia maniera, cioè di carta. Perché un libro rimane, il computer si spegne e con esso le storie che vi si raccontano.
Allora prendetevela soprattutto con don Pino de Bernardis se questo libro adesso esiste: diversi editori mi hanno detto negli anni quanto piacesse loro quello che scrivevo, tanti amici pure (mia moglie no, non legge mai quello che scrivo e in fondo la capisco...), ma quando l'estate scorsa don Pino mi ha detto che forse avrei dovuto pubblicare un libro, allora è stato sufficiente per capire che forse quello che ho scritto aveva un senso. Perché lui mi è stato padre, e allora come si fa a non credere a quello che dice un padre?
Storie di incontri con leggende del rock, dischi che hanno segnato la mia vita, la bellezza della mia terra (la Liguria), posti lontani come Dublino, amici che porto nel cuore: ecco quello che è questo libro. Ma tutto, sempre, segnato dalla bellezza di quello che si vede e si ascolta, quella bellezza che è poi il segno evidente di quell'Altro a cui tutti aneliamo. E un modo per lasciare alle mie figlie quel qualcosa di me che probabilmente con le parole non ho mai saputo né mai saprò dire. E a mia moglie, sperando che questo lo legga.








