Quella nostalgia verso l'infinito

15:20 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (0)

"C’è una frase di Dostoevskij che mi accompagna in questi tempi, dovendo parlare del cristianesimo alle persone più diverse in Italia e all’estero: «Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?». Questa domanda suona come una sfida a ciascuno di noi. È precisamente dalla risposta ad essa che dipende la possibilità di successo della fede oggi. In un discorso del 1996, l’allora cardinale Ratzinger rispose che la fede può sperare questo «perché essa trova corrispondenza nella natura dell’uomo. Nell’uomo vi è un’inestinguibile aspirazione nostalgica verso l’infinito». E con ciò indicava anche la condizione necessaria: che il cristianesimo ha bisogno di trovare l’uomo che vibra in ciascuno di noi per mostrare tutta la portata della sua pretesa......... Continua qui: http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2009/12/24/NATALE-Julian-Carron-quella-nostalgia-verso-l-infinito/57584/

Bella gente d'Appennino

10:20 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (0)

"E’ il Santo Natale: dovere dei cristiani non è essere buoni,categoria morale alquanto confusa, ma piegare le ginocchia in adorazione di fronte al mistero della vita, della salvezza: l’Incarnazione". Giovanni Lindo Ferretti

Regali di Natale

13:39 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (0)

“Adesso che sta per arrivare Natale le statuine del presepio si risvegliano…” Alcuni giorni prima della morte di Claudio Chieffo, Arcadio Lobato va a trovarlo in ospedale. Sul suo comodino, mette un volto di Gesù, fatto a matita da lui. Sopra c’è scritto: “A Claudio, che mi ha portato a Gesù”. Spagnolo, da anni residente in Italia, illustratore specializzato in libri per ragazzi (il suo “La valle nella nebbia”è stato scelto fra le 100 migliori opere di letteratura spagnola per ragazzi del Ventesimo secolo), Arcadio aveva conosciuto Chieffo nel 2001. Ne era nata una amicizia profonda e discreta. Per questo, al momento di pensare un libro illustrato che fosse anche una strenna natalizia, la famiglia del cantautore scomparso ha pensato subito a lui. "La notte che ho visto le stelle" è un libro con 14 tavole a colori che raccontano alcune canzoni di Chieffo. Per bambini, ma ovviamente non solo. Il CD che è allegato al libro contiene le 14 canzoni illustrate da Lobato, grandi classici del cantautore romagnolo, ma la particolarità è che sono quasi tutte registrazioni fatte nel suo studio casalingo, in totale solitudine. La voce, la sua grande voce, in nudità, che apre uno squarcio nella intimità, nel momento in cui queste bellissime canzoni venivano composte. Adesso quei momenti in cui il genio si confessava davanti al Suo creatore appartengono a tutti. Compresa l'ultima registrazione effettuata prima della morte, il 6 giugno 2006; Stella del mattino, a cui sono state aggiunte parti di organo e le voci del Coro San Filippo Neri di Forlì. Perché i grandi uomini che hanno incrociato le nostre strade sono impossibili da dimenticare. http://www.galbost.com/modules.php?op=modload&name=catalogo&file=index&mcat=all&artid=399

Da quel nodo stecchito nascerà l'iris

16:36 / Pubblicato da Alessandro / commenti (1)


Tre di dicembre. Giorno di autunno profondo. Sotto al cielo basso già alle quattro e mezza viene buio. Nell’aria che sa di pioggia la gente va in fretta. Siamo tutti pallidi, ingrigiti nelle giacche scure; e scure o nere le macchine, e l’asfalto, che alle prime gocce luccica sotto alla luce fredda dei lampioni. Tutte le gradazioni del grigio, dal ghiaccio al piombo, in questa Milano di dicembre; neanche un colore vivo. Il giallo ardente dei girasoli in campagna, lo smeraldo del mare in Sardegna, questa estate: possibile? Probabilmente hai sognato.
E mentre cammino col cane – infreddolito anche lui, e con le orecchie basse – passo davanti a un vivaio. Non è tempo di fiori, scuote la testa severa la parte saggia di me, e fa per andare oltre. Ma un’idea mi accende; entro, decisa. Oltre le schiere di abeti di Natale. So dove andare. Avranno bene dei bulbi. È questo, se mi ricordo bene, il momento.
Ecco qui. Come sono miseri: magre cipolle che rifiuteresti al mercato. Duri, secchi, bitorzoluti. (Non ha apparenza, il seme. Non seduce. Deve solo scendere nella terra e morire). Poi, ad aprile, ma i crocus già a marzo, nelle aiuole ancora spoglie spunteranno i primi germogli. Eccole nelle foto sui sacchetti, le promesse di aprile. Sgargianti, raggianti di tutti i rosa e i viola. Gli iris alteri, e i narcisi, e i tulipani con la corolla chiusa come una rocca: color giallo sole, o di un fucsia abbagliante, che in questo giorno buio sembra una promessa tanto audace da fare sorridere, come la smargiassata di un bambino. Via, come è possibile credere, sotto a questo cielo di piombo, che da un nodo stecchito verrà un simile fiore? E i giacinti? Quelle infiorescenze minute, da mano d’orafo, come stanno dentro a questi bulbi cinerei?
Eppure. Ragionevole è crederci: accade tutte le primavere. Ragionevole è, sotto a questo cielo di acciaio, credere che puntualmente fioriranno gli iris candidi e regali. Ne metto nel carrello a manciate, avidamente. Tulipani di fuoco, e narcisi. E crocus, che sono i primi a fiorire, i primi ad annunciare. Poi realizzo che ne ho presi troppi. A malincuore ne scarto un po’ – come i bambini a quei banchi del mercato con le caramelle di gomma colorate. Comunque, è un bel malloppo quello che mi porto a casa, golosa come di un bottino. Occorre scavare nella terra nera. Piccole buche discretamente profonde. Umido e freddo il terriccio sotto le dita; non è una cuccia, piuttosto una fossa. I bulbi così poveri e brutti, qualcuno con un’avventata punta verde di germe spuntata anzitempo. Il cane li annusa e li abbandona, deluso: cipolle, pare dire, roba incommestibile. «Vedrai come saranno belli», spiego ai suoi innocenti occhi nocciola. I cani non capiscono. E anche gli uomini capiscono a fatica. Perché è strano: occorre scendere nella terra morta, nei giorni più bui, perché rinasca ciò che è più bello. Perché una mattina d’aprile si apra la corolla dell’iris regale. E quel lontano giorno di dicembre sembri un sogno. E quel fiorire, un miracolo.
Marina Corradi (da Tempi)


La strada verso casa

10:27 / Pubblicato da Paolo Vites / commenti (3)


"Spettacolo di serata, tra lo splendore della piazza e di amicizie vecchie e nuove e l'incontro con storie incredibili. Grazie a te e ai tuoi amici". L'sms di Giorgio, il leader degli ShamRock, meneghina irish band che si è esibita durante la giornata dedicata alle Tende dell'AVSI a Chiavari, mi giunge questa mattina presto. Uno spettacolo di serata, davvero. Un anno fa più o meno davo alle stampe una sorta di libretto autobiografico che sottointitolavo "La strada verso casa". Pensavo di aver raggiunto una meta, di raccontare dove fossi arrivato. A casa. Un anno dopo mi rendo conto che la strada è ancora tutta davanti a me, che di cose in questo anno ne sono successe a scatafascio. Di tutto e di più, e che se la casa, la meta, appare sempre più chiara, non si finisce mai di camminare. Ogni giorno si riparte da capo. Era evidente ieri, in Piazza Mazzini, a Chiavari, osservando tutto quel via vai un po' caotico di persone che facevano la spola tra i portici addobbati e lo shopping natalizio, tra una tazza di cioccolato e una canzone dal palco che, ovviamente, aveva dentro la nostalgia tutta irlandese di casa. Amici vecchi e nuovi. Storie incredibili. Quello che fa alzare lo sguardo è sempre qualcosa di inaspettato, lungi dalle preoccupazioni ansiolitiche riguardo a quello che si è organizzato, proposto. Il gesto. Quello che fa alzare lo sguardo è vedere invece uno degli amici carcerati, che si sono dati da fare a preparare ottime torte il cui ricavato andrà a sostengo dell'Associazione Amici di Simone, aggirarsi con un sorriso inarrestabile in mezzo ai passanti invitandoli a comprarne una. E' contento, e si vede. E soprattutto si muove, si sta muovendo, incontra le persone. In quel momento è sulla strada, la sua, verso casa. Oppure qualcuno che di sua iniziativa prende su un pacco di Buone Notizie, il giornale di informazione dell'AVSI, e si butta nella folla a proporle, "le buone notizie". Anche lui si sta muovendo verso la sua strada verso casa, invitando altri a incamminarsi. In fondo lo diceva già Sant'Agostino, di quanto siamo distratti da noi stessi: "Le persone viaggiano per stupirsi delle montagne, dei mari, dei fiumi, delle stelle; e passano accanto a se stessi senza meravigliarsi". Intanto la musica irlandese sale nell'aria fredda, ma tersa, della sera. Musica che rimanda alla casa da raggiungere. Mi diceva Francesco De Gregori, una delle "cose innaspettate" di questo anno tutto in cammino, qualche giorno fa: "Ci vediamo sulla strada, che ne siamo degni". Non tutti ne sono degni. Ne sono degni quelli che lasciano aperta la ferita, perché è da lì che passa la luce. Sulla strada si compie il destino, non importa essere buoni o sempre fedeli. Si inciampa, ci si alza e si ricomincia. Ce lo hanno insegnato ieri gli amici carcerati di Chiavari. In questo splendore di piazza, tra amicizie vecchie e nuove. Buon cammino, buon Natale.