(Don Pino De Bernardis e Claudio Chieffo) Anche se il mio primo incontro con la comunità cristiana era avvenuto in una parrocchia appena fuori Sestri Levante, adagiata su una collinetta, ragazzino di seconda media che si era trovato là portato a viva forza da sua sorella maggiore, nelle domeniche in cui dei “grandi” (che mi domandavo: ma come mai delle persone adulte perdono il loro tempo con i ragazzini?) li facevano cantare e giocare, e c’era questo sacerdote, questo incredibile personaggio che lo chiamavano “don Batti”, è stato un altro prete, di Chiavari, ad accompagnare me e tanti miei amici negli anni delle scuole superiori. Ho anche avuto la fortuna di averlo per un anno come insegnante di religione, nel mio anno peggiore dell’adolescenza, in cui sbandavo di qua e di là: erano gli anni 70 e certe sirene adulatrici ci facevano credere che la felicità si poteva trovare in uno spinello o a giocare alla rivoluzione. Io ci cascavo spesso, nel tranello, ma c’era sempre questo prete che dall’altra parte della classe ti trapassava con gli occhi e ti faceva sentire nudo. E pirla. Perché lui sapeva quale era la verità per la tua vita, meglio di te stesso. Allora non potevi fare a meno che seguirlo, anche se lottando con il tuo orgoglio. Quando don Pino De Bernardis parlava, questo è il nome di questo sacerdote, alle assemblee, in classe o in chiesa, tremavano anche i muri. Volevi nasconderti, davanti a quelle parole dette con forza e passione che indicavano chiaramente una strada. E noi ragazzi, balordi come solo i ragazzi possono essere, che ci nascondevamo nelle nostre chiacchiere. Ricordo ancora una volta quando, durante una messa, mandò giù dall’altare qualcuno: “Ha detto don Pino di smetterla subito di fare casino altrimenti uscite fuori”. Argh. Come aveva fatto a beccarci, ci eravamo anche nascosti dietro una colonna… Rimanevi paralizzato. E ricordo una volta che ce ne stavamo sdraiati sul pavimento della sede, a perdere tempo, la cosa che sapevamo fare meglio. La porta del suo studio si aprì di botto, e lui, a fissarti con pazienza e amore: “Ma ragazzi, non avete i compiti da fare? Non sprecate così la vostra vita”. Perché lui sapeva sempre riprenderti e riportarti al vero, al bene per la tua vita. Nello stesso modo in cui ha guidato da tanti anni la comunità cristiana di Chiavari. Per noi ragazzi “degli anni 70” don Pino è stato un padre come talvolta neanche i padri veri riescono a essere. Poi uno cresce e va per la sua strada, come succede in ogni famiglia. E se siamo diventati un po' uomini, lo dobbiamo a lui e ai tanti adulti che allora ci avevano fatto compagnia. Che sia venuto fino a Milano, anni dopo, nel giorno più importante della mia vita, quello del matrimonio, è stata la conferma se mai c’era bisogno di saperlo, che una compagnia vera al destino non finisce mai. Magari non ci si vede per anni, ma la strada finisce sempre per abbracciare nuovamente quella dell’altro. Perché è bella la strada che porta a casa. Così, tanti auguri don Pino, non potrò essere alla festa per i tuoi 50 anni di sacerdozio, ma ci saranno i miei amici, per cui sarà come se ci fossi: grazie per averci fatto sempre compagnia.
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1 commenti:
grazie per avermi fatto conoscere un pezzo della tua strada....
un abbraccio
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