Da un paese lontano (2)

21:32 / Pubblicato da Alessandro /


...dal nostro amico a Haiti..

                                                                   Haiti, 18/05/2010

Ciao come và?
Vi racconto un po' che cosa combiniamo....
Ci troviamo a lavorare nei campi del quartiere di Citè du Soleil, è la zona rossa, cioè la zona più pericolosa di Port-au-Prince, diciamo di tutta Haiti. Anche i caschi blu fanno fatica ad entrare.
Noi riusciamo ad entrare grazie al fatto che AVSI è da anni che lavora insieme alla popolazione di questo quartiere e molte delle persone lavorano con noi e ci permettono di essere costantemente informati dell’andamento, “dell’umore” del quartiere.
Un altra forza è il lavoro che facciamo e cosa facciamo con loro.... Noi lavoriamo su tre campi Park Boby, Place fierte e Bais Fontaine.
L’obbiettivo primo ovviamente è il controllo della malnutrizione materno infantile ma essendo gli unici sanitari direttamente su questi campi cerchiamo di rispondere anche alle esigenze immediate che si presentano, come il ferito, il vecchietto che fa fatica a respirare e tanto altro e poi magari cerchiamo di dirigerli all’ospedale più vicino, quello che sembra meglio, come dai Medici senza Frontiere o dai Camilliani.
Poi ci sono i ragazzi che lavorano sull’aspetto psicosociale e le scuole,  questo popolo ha proprio bisogno dell’educazione, manca di tutto e non per colpa del terremoto, è proprio evidente che la cosa dura da tempo, è il paese con il più tasso di corruzione, ha avuto più desapericidos rispetto alla popolazione, più di tutto il sud america messo assieme e nessuno ne ha mai parlato.
Per il resto la cosa che mi impressiona però è che l’esigenza di questo popolo è la stessa che ho io e che hanno tutti gli uomini :quella di essere voluti bene in maniera completamente gratuita senza chiedere niente in cambio. La cosa che mi colpisce è che mi si sono attaccate delle persone senza che apparentemente facessi niente, ma il fatto che mi presentassi e che non chiedessi niente in cambio e che avessi iniziato a tirare su una tenda con loro e obbedivo a quello che loro dicevano, questo li ha sconvolti ed ha colpito tantissimo anche me.
Come dice Carron negli Esercizi della Fraternità “Noi possiamo riconoscere senza spaventarci tutte le nostre esigenze soltanto se Cristo permane come un esperienza reale nel presente. Se l’io rinasce da un incontro, abbiamo bisogno della contemporaneità di Cristo nel presente per scoprire, per stare davanti a tutta la natura dell’io. Il metodo è sempre lo stesso: è Qualcosa che viene prima, non solo l’inizio, ma in ogni passo della strada. ...” Ecco mi si presenta cosi adesso improvvisamente e inaspettatamente come scoperta di me nel rapporto con Cristo che il primo ad avere bisogno di questo rapporto sono io.
La scoperta del lavoro e del silenzio come azione per andare a fondo di questo rapporto.

Ciao Giacomo

1 commenti:

anna on 25 maggio 2010 alle ore 09:07

grazie Giacomo, ciao a tutti!

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