La scelta

22:20 / Pubblicato da Paolo Vites /

Io ho scelto dice il personaggio che recita nello spot pro eutanasia (prodotto in Australia, vietato in Australia, finito sulla Rete grazie al partito Radicale Italiano). Ho scelto di andare all'università. Ho scelto di sposare Tina. Ho scelto di comprarmi quella macchina. Ho scelto. Ho scelto. Poi conclude: "Quello che non ho scelto è di diventare un malato terminale e certamente non ho scelto che la mia famiglia debba vivere questo inferno insieme a me. Adesso ho fatto la mia scelta finale, ho solo bisogno che il governo mi ascolti”. Non ci sarebbero commenti da fare perché lo spot si commenta da solo. Non scegli di ammalarti, dunque non scegli di morire né come morire ma soprattutto - lo spot ovvimamente non lo dice - non scegli neanche di nascere. Non scegli neanche di chiamarti col nome che hai. E' un altro che ti dà il nome, come un altro ti dà la vita. E anche la morte. Basterebbe questo semplice e onesto riconoscimento a togliere ogni presunzione riguardo al possesso della vita e della morte. Il problema di questo spot non è che fa promozione all'eutanasia, che già è cosa triste, disumana, ed è anche falso, perché la maggior parte dei malati terminali dichiara (ma i tiggì e il Partito radicale si guardano bene di dirlo) di desiderare di vivere, a qualunque costo. Ad esempio come lo desiderva Eluana. La cosa squallidamente triste di questo spot è il perfetto ritratto dell'uomo contemporaneo che esso fa. E' un po' guardarsi allo specchio, guardare questo spot: quello che sceglie, sempre. L'uomo ricco, dell'opulento occidente, l'uomo annoiato, l'uomo moderno. Che è già morto ancor prima di arrivare a una qualunque eutanasia. Si è già ucciso, molto tempo prima. Perché chi invece non può scegliere, ad esempio i bambini che fanno la fame in Africa, i malati di Aids, loro vorrebbero vivere ma loro sì che non possono scegliere. A loro non è concessa la scelta. Questo spot è uno spot a una cosa sola: l'orrore della solitudine che si è impossessata di questo mondo moderno. E allora certo, di fronte alla solitudine si può arrivare anche a desiderare la morte. Pardon, l'eutanasia, che è più politically correct.

3 commenti:

Irish G Fiddle on 10 novembre 2010 alle ore 09:59

Il concetto di libertà di scelta andrebbe spostato un po' più a valle. Scegliere la macchina, la moglie, il menù del giorno sta a valle di una serie di accadimenti indipendenti dalla nostra volontà. Scegliamo sempre e solo tra ciò che ci è dato, beviamo acque sgorgate molto più in alto...scorrono sotto i nostri occhi, e noi decidiamo quando e come bere, non cosa bere. Abbiamo la pretesa di separare le gioie dai dolori, come fosse possibile filtrare l'acqua con le mani separandola da detriti e sabbia. Nella convinzione di aver scelto le nostre gioie, scegliamo di abortire i dolori.

Anonimo on 4 dicembre 2010 alle ore 21:22

A mio parere la libertà viene prima della vita perchè ne è il presupposto. Ha senso una vita senza libertà?
E' vero che non decidiamo di nascere, lasciateci almeno la decisione su come e quando morire.
Dio come tutti i padroni merita un tosto sindacalista.

Anonimo on 6 dicembre 2010 alle ore 08:56

è proprio a fronte del fatto che la nascita non è mai una scelta di chi nasce che ha molto senso dargli la possibilità di rescindere un contratto che altri hanno firmato per lui.

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