
In una gelida e ventosa sera di novembre attraversi Milano per l'ennesima volta per raggiungere quel posto, dove ci sarà l'abituale appuntamento per la scuola di comunità. La voglia è pressocché uguale allo zero, rimettersi in macchina alle 8 e mezza dopo esserci sceso giusto un'ora e poco più fa. Ma sai anche che se non vai, sarà un'occasione perduta per fare un - faticoso - passo in più.
Questa sera Giorgio Vittadini legge il volantino di Comunione e Liberazione sul caso Eluana e invita a discuterne, a confrontarsi con quelle parole, per evitare di farne un caso politico, del tipo "i buoni contro i cattivi" e vedere piuttosto che cosa questa storia dice a te, alla tua vita, al tuo modo di affrontarla.
Per primo interviene un signore di una certa età, Vitta lo presenta come un importante chirurgo di fama nazionale. Lui dice di come nel suo lavoro si arrende ogni giorno all'evidenza che la vita non ci appartiene: per cento che ne ha salvati, la metà li ha visti morire. E' stato anche collega del neurochirurgo di Eluana, uno, dice, che fa a gara a infilarsi in ogni commissione etica degli ospedali dove lavora per portare avanti le sue idee sui malati terminali. Quello che sostiene che la donna non abbia più alcuna coscienza.
Poi sale su un ragazzo in giacca e cravatta: "Io sono un amico di Eluana" dice. L'emozione in sala è forte. Non siamo più davanti a dei discorsi, siamo davanti al fatto di Eluana che irrompe, concretamente, carnalmente, con un volto preciso, in mezzo a noi. "Non sono di CL" ci tiene a dire "ma sono cattolico. Sono uno dei suoi quattro amici chiamati a testimoniare al processo in merito alla frase che lei avrebbe detto sul porre fine alla sua vita, ma non andai a testimoniare perché in quel momento non ero in quella stanza. Oggi sono un avvocato e negli anni il papà di Eluana mi ha chiamato mille volte affinché lo aiutassi nella sua lotta, sentivo che dovevo sostenerlo, mi domandavo che razza di vita fosse, se fosse vita, quella di Eluana. Recentemente sono andato a trovarla e le ho parlato a lungo. Mi sentivo stupido a farlo, perché lei non so se mi ascoltava. Alla fine di tutto però io oggi dico, da avvocato e da cattolico: io non so che grado di vita è la sua, ma accetto il mistero e lei non deve morire".
Le testimonianze si susseguono, incalzanti: c'è uno il cui suocero è da due anni in coma, nutrito col sondino, proprio nella stanza accanto a Eluana, stesso ospedale. Testimonia della grandezza del servizio di carità che fanno le suore in quell'ospedale. Una ragazza con una sorella handicappata dice che, anche se hai la fede, razionalmente neanche la fede ti dà la capacità di giudicare e accettare situazioni del genere, in cui tutto di te è messo in discussione. Ma a differenza della maggioranza delle persone, noi non siamo soli di fronte al dolore.
Esci e dici, pensa se stasera restavo a casa. Hai capito qualcosa di più di questa faccenda, ad esempio che nessuno di noi è migliore del padre di Eluana e che se non avessi avuto la grazia di un incontro ti comporteresti esattamente come lui. Altro che fare una battaglia politica. L'ha ricordato Carron qualche sera fa durante una diaconia: "E quando il male dovesse colpire la nostra vita, non terremmo: il dubbio di un Dio cattivo farebbe saltare tutto. Vi auguro che il Signore tenga la mano sulla vostra testa, così che quando il male dovesse arrivare non possiate insinuare un dubbio nel vostro rapporto filiale con Cristo".
Che dolore e che barbarie uccidere Eluana. Guardate il mio piccolo Victor. Soffre e offre perché Dio perdoni questo omicidio.
I suoi gemiti sono il grido di un corpo, il corpo mistico di Cristo che ogni istante si offre come ostia di espiazione per le nostre atrocità contro gli innocenti.
Non avrei mai pensato che un tribunale del mio paese potesse raggiungere tanta disumanità, come che ci potesse essere un padre che chiede la morte della figlia. Lo dico con immenso dolore perché io sono di fatto il papà di Victor e di Celeste, di Andrea (tutto deformato di 22 anni e pesa 15 kg), di Cristina e di Aldo.
Guardateli: Eluana è viva e i miei figli sono lei viva.
Post Scriptum (lettera giuntaci poco dopo):
Ecco i miei piccoli “Eluana”.
Il dolore per la barbarie del tribunale e, permettetemi con tutto il rispetto, del padre, è vissuto da me e da queste mie piccole ostie bianche con la coscienza che non esiste condizione che impedisca di affermare, come ci ricorda ogni giorno Carron: “Io sono tu che mi fai... e che anche i capelli dei miei bambini (quasi tutti senza capelli e nel caso di Victor, anche senza cranio e María con un cancro al posto della faccia) sono contati”.
Dio mio che bestie questi giudici! Soffriamo e offriamo perché si ricordino: “con la misura con la quale giudicate sarete giudicati”.
Con affetto
http://www.clonline.org/articoli/ita/vol_Eluana1108.pdf «Capire le ragioni della fatica è la suprema cosa nella vita, perché l'obiezione più grande alla vita è la morte e l'obiezione più grande al vivere è la fatica del vivere; l'obiezione più grande alla gioia sono i sacrifici… Il sacrificio più grande è la morte» (don Giussani). Che società è quella che chiama la vita "un inferno" e la morte "una liberazione"? Dov'è il punto di origine di una ragione impazzita, capace di ribaltare bene e male e, quindi, incapace di dare alle cose il loro vero nome? L'annunciata sospensione dell'alimentazione di Eluana è un omicidio. La cosa è tanto più grave in quanto impedisce l'esercizio della carità, perché c'è chi si è preso cura di lei e continuerebbe a farlo. Nella lunga storia della medicina il suo sviluppo è diventato più fecondo quando, in epoca cristiana, è cominciata l'assistenza proprio agli "inguaribili", che prima venivano espulsi dalla comunità degli uomini "sani", lasciati morire fuori dalle mura della città o eliminati. Chi se ne fosse occupato avrebbe messo a rischio la propria vita. Per questo chi cominciò a prendersi cura degli inguaribili lo fece per una ragione che era più potente della vita stessa: una passione per il destino dell'altro uomo, per il suo valore infinito perché immagine di Dio creatore. Così il caso Eluana ci mette davanti alla prima evidenza che emerge nella nostra vita: non ci facciamo da soli. Siamo voluti da un Altro. Siamo strappati al nulla da Qualcuno che ci ama e che ha detto: «Persino i capelli del vostro capo sono contati». Rifiutare questa evidenza vuol dire, prima o poi, rifiutare la realtà. Persino quando questa realtà ha il volto delle persone che amiamo. Ecco perché arrivare fino a riconoscere Chi ci sta donando la presenza di Eluana non è un'aggiunta "spirituale" per chi ha fede. È una necessità per tutti coloro che, avendo la ragione, cercano un significato. Senza questo riconoscimento diventa impossibile abbracciare Eluana e vivere il sacrificio di accompagnarla; anzi, diventa possibile ucciderla e scambiare questo gesto, in buona fede, per amore. Il cristianesimo è nato precisamente come passione per l'uomo: Dio si è fatto uomo per rispondere all'esigenza drammatica - che ognuno avverte, credente o no - di un significato per vivere e per morire; Cristo ha avuto pietà del nostro niente fino a dare la vita per affermare il valore infinito di ciascuno di noi, qualunque sia la nostra condizione. Abbiamo bisogno di Lui, per essere noi stessi. E abbiamo bisogno di essere educati a riconoscerLo, per vivere. Comunione e Liberazione Novembre 2008.
da SamizdatOnLine http://www.samizdatonline.it/node/525 ''E' la conferma che viviamo in uno stato di diritto''. Cosi' Beppino Englaro, il padre di Eluana, ha commentato la decisione della Cassazione; già, il diritto di uccidere la figlia facendola morire di fame e di sete! L'eutanasia è entrata di "diritto" nel nostro Paese. PREGHIERA PER ELUANA ENGLARO O Dio, amante e fonte della vita, noi ti lodiamo, ti glorifichiamo, ti diciamo la nostra gratitudine ammirata e gioiosa per il dono della nostra vita e per il dono della vita di ogni uomo, anche di chi sente la vita solo come un peso ed una croce. Noi crediamo, o Signore, che nessun uomo viene al mondo per caso, ma che ogni uomo è sempre il termine vivo e personale del tuo amore di Creatore e di Padre. Da te illuminati, o luce del mondo, fa che sappiamo scorgere il riflesso dello splendore del tuo volto, di te o Dio che sei Bellezza infinita, sul volto di ogni uomo, sul piccolo volto che si sta formando del bambino non ancora nato, sul volto triste di chi è colpito dalla malattia e dal dolore, dalla solitudine e dall'emarginazione, sul volto stanco dell'anziano e di chi sta per morire. ( Mons. Dionigi Tettamanzi ) Preghiamo per Eluana Englaro, certi che il diritto più grande di ogni uomo é alla vita, che é sempre dono di Dio, in ogni condizione. Come ricordava Giovanni Paolo II: "Accanto ad ogni uomo che soffre ci vuole un altro uomo". Che ciascuno di noi sia vicino ad Eluana e alle tante persone che vivono nelle sue condizioni.
ELUANA ENGLARO: IL PRIMO CASO DI OMICIDIO LEGALE IN ITALIA Non può essere che questo il titolo di un comunicato stampa che dica la verità sulla intera vicenda di Eluana. Non esistendo in Italia una legge sull’eutanasia, quello di Eluana è un omicidio perpetrato per via legale, ottenuto cioè con l’autorizzazione dei giudici. Da oggi nel nostro paese si potrà uccidere - quando si vorrà - malati stabili, cronici, inguaribili: pazienti in stato vegetativo, pazienti in condizioni terminali, anziani non più utili alla società, insomma chiunque abbia “presumibilmente” chiesto di poter morire e in condizioni di non poter più cambiare idea o di chiedere aiuto, mediante la sospensione di acqua e cibo, magari dopo aver consultato un giudice. E’ questa la società che volevamo, quella in cui vogliamo vivere? I giudici hanno - delegittimato la Costituzione Italiana - agito contro il Codice Civile e contro il Codice Penale Loro non saranno imputabili: immuni grazie all’autorità che gli è riconosciuta. Loro non saranno imputabili: chi uccide in un altro modo sì. Ci si deve domandare: “Come mai oggi il colpevole, colui che uccide, non è imputabile?” La risposta è tutta nell’atteggiamento di bieco pietismo - tipico del nostro tempo - dietro il quale si nasconde una logica per nulla nuova nella storia. Questa logica è la stessa adottata durante la seconda guerra mondiale: oggi, per questa stessa logica ideologica, in nulla differente da quella di allora, si eliminano i più deboli e gli indifesi. Ha vinto una interpretazione del diritto della persona inteso come “autodeterminazione”, che rappresenta una forzatura rispetto a quanto affermato nel Codice di Deontologia medica e nella stessa Costituzione. Hanno avuto la meglio la cattiva coscienza e la possibilità di arbitrio su chi è degno di vivere e chi no. Da questa logica è stata sfidata la saggezza della sovranità popolare che ha dato origine alla nostra Costituzione, e la cultura che essa ha generato. Questa logica alla fine ha prevalso. Quanto è accaduto è tanto più preoccupante perché ormai nessuna legge potrà più essere rispettata: ormai certi giudici aggirano le leggi - anche quelle esistenti - e creano una nuova era, quella dell’etica del più forte sul più debole, con l’ausilio del diritto. Ma non eravamo partiti da una giustizia uguale per tutti? Non dovrebbe essere, questo, ancora oggi, lo scopo della giustizia? Che vergogna. Medicina e Persona 13 novembre 2008 ASSOCIAZIONE MEDICINA E PERSONA - Via Melchiorre Gioia, 171 - 20125 Milano -Tel. 02/67382754 - Fax 02/67100597 CF 97236860157 -Partita IVA 13020590157 - info@medicinaepersona.org www.medicinaepersona.org


Fu un pomeriggio di domenica molto triste. Erano le 13:00 sono andata alla stanza di Bernardina, vedendola molto male. Respirava con tanta difficoltá, sono uscita di corsa per chiamare Silvia, per dirle come stava Bernardina. Siamo andati insieme da lei e le abbiamo chiesto "Come stai Bernardina? Ti fa male qualcosa?"Lei risponde, "STO BENE". Ci siamo guardate e detto, “Dio mio, con ció che soffre, dice che sta bene”. Siamo state a guardarle, Silvia chiamo' la dottoressa Olmedo, che le disse di prendere alcune medicine. Bernardina era da sola, giusto quella mattina suo marito era andato a casa. Ho chiesto a Diana di chiamare la sua famiglia. Bernardina stava morendo, aveva la respirazione artificiale. Erano le 15:00 hs quando arriva una signora, dicendo che era la cognata, Rimane “5 minuti” con lei. Dopo entra un signore che sembrava avere paura di lei, e se ne va subito. Alle 16:15 si celebrava la Eucaristia nel blocco A, e dissi a Silvia: "voglio rimanere con Bernardina, non voglio che se ne vada da sola. Le persone che sono venute a vederla sono giá andate via." Siamo andate con Silvia da Bernardina, le abbiamo accarezzato la faccia, le mani pulendo la sua bocca, che "espulsaba come espuma". Alle 16:50 c´era il percorso del Santíssimo, che rimane un bel pò di tempo di fronte a lei. Dopo arriva una signorina che mi chiede "sta male mia cognata?", le risposi di si. Mi disse, "mi hanno chiamato e chiesto di venire, ho portato i suoi figli, sono giú, vengono a vedere la loro mamma." Ho chiesto alla signorina "Rimani con Bernardina?", lei rispose di si, allora sono andata a vestire un ammalato. Prima di vestirlo, tocca la porta il famigliare che é accanto a Bernardina e mi disse: “la signora sta molto male”. Sono andata di corsa a vederla peró lei era giá morta. Sono rimasta angosciata.Bernardina morta da sola, la sua cognata andata a cercare i suoi figli che erano giú nel cortile, peró non sono arrivati in tempo per vedere alla loro mamma viva.Sono andata a chiamare Silvia, le dissi che Bernardina era morta, Silvia e' rimasta male, le abbiamo fatto le cure postmortem, dovevamo muovere il corpo di Bernarda e usciva liquido da tutte le parti, per la bocca, il naso e anche gli occhi, abbiamo chiuso tutto. Silvia mi disse che aveva un rospo alla gola , sono andata a prendere le lenzuola, quando sono ritornata Silvia piangeva inconsolabilmente, mentre la pulivamo le dicevo a Silvia “forza, tranquilla”. La abbiamo messa nella lettiga e la abbiamo portata in capella. Diana ci fa dire una preghiera per Bernardina, e noi non potevamo pregare per il pianto. Abbiamo salutato Bernardina con un bacio nella fronte e siamo usciti piangendo, mentre i suoi figli erano fuori. Non sono entrati nella capella mentre si pregava. Gli abbiamo detto di entrare a vedere la loro mamma e solo allora sono entrati. Per noi é stata una domenica molto triste. Ringraziamo per avere avuto Bernardina con noi qui nella Clinica, e ricordare l´ultima cosa che ha detto senza che le interessasse quanto male stava…..STO BENE!!!Teresa come le altre infermiere sono commoventi per la coscienza che hanno dell´ammalato. E´come se il Mistero che ci avvolge e ci crea in ogni momento le renda capaci di una tenerezza, di un coinvolgimento con i pazienti, fino al punto di sentire come loro, il dolore altrui. Bernardina, aveva nel corpo piaghe da decubito nelle quali entrava una mano, si vedevano le ossa….eppure con quanto amore la pulivano, con quanta delicatezza toglievano ogni pezzettino di pelle marcia. Il raggio che ogni settimana faccio con loro, come con i medici, le persone delle pulizie, della lavanderia o della cucina, mi riempie di vita perché é come se vedessi la scuola di comunitá fatta carne, fino al punto che coloro che erano concubine chiedono di sposarsi, le altre di confessarsi, di fare la prima comunione. Non sono io che chiedo per loro i sacramenti, ma la realtá vissuta con passione che si rimanda me, ad ognuno, a Cristo. Non partiamo da Cristo, rischierebbe essere ideologico, partiamo dalla realtá che come afferma San Paolo: “é Cristo”. Come dire che vivendo intensamente la vita in tutti i suoi aspetti uno o se ne va o si apre al Mistero e mi dice come gli apostoli nel capitolo VI di Giovanni “ma padre dove possiamo andare lontano da questo luogo che ci educa alla bellezza della vita, che ci fa vedere la morte come l´apertura alla vita eterna”. Quando ogni giorno per tre volte facciamo la processione Eucaristica, inginocchiandomi e baciando ammalato per ammalato, non importa quello che ha, se la tubercolosi o la saliva che gli le esce dalla bocca, sento, sentiamo viva la Presenza di Gesú. E vi garantisco che sono i momenti piú belli nei quali il mio stato d´animo, spesso fluttuante, é sottomesso dalle chiarezza del giudizio, cioé dalla certezza che il Mistero e il segno coincidano. Per cui potete immaginare cosa vuol dire questa consapevolezza, quando dalla clinica passo a vedere, baciare i miei vecchietti nella casa -famiglia creata per loro come alternativa ai freddi ricoveri con decine di anziani o quando ogni giorno, alla mattina per portarli alla scuola e alla sera per metterli a letto, vado dai miei bambini. Che impressione vederli mangiare tutti insieme, alzarsi dalla tavola quando si alza la mamma adottiva, ognuno porta nel secchiaio il suo piatto in cui non rimane neanche una briciola (finché non hanno mangiato tutto nessuno si alza perché dobbiamo capire cos´e la Provvidenza) e poi chi prende la scopa, chi lo straccio, chi il secchio…ognuno lavora, cosicchè la casa é la loro casa. Ed hanno da 4 a 11 anni. E pensare che fino a febbraio,erano come animaletti. L´altro giorno, come ogni 15 giorni, mi sono incontrato con il consiglio di famiglia (le due mamme, la psicologa, l ´assistente sociale, l´avvocato, la responsabile delle due casette, la direttrice della scuola) e sono uscita felice perché la direttrice della scuola ci ha detto: “la maggioranza dei bambini sará (giustamente perché se non sanno é giusto che ripetano l´anno) dovrá ripetere…peró, Padre, umanamente sono irriconoscibili da quando sono arrivati; c´é in loro l´inizio di una autostima, sorridono, sanno andare al bagno e pulirsi, convivono e giocano con gli altri, hanno fatto amicizia, le piccoli deviazioni di tipo omosessuale o lesbiane non esistono piú. Insomma, da zero sono passati, come dice lei, a 1, da niente a qualcuno”. Vi giuro che non c´era nessuno piú contento di me. In fondo, pensavo, quello che viviamo con questi bambini é il cammino di Scuola di comunitá. Perché che cos´é la fede, il dare fiducia, la corrispondenza, il cuore, la libertá, l´obbedienza, se non una consegna di se che il bimbo fa ad un adulto che vivendo la realtá infonde loro tenerezza, sicurezza. Un esempio per chiudere. Rosita é una bimbetta di un anno con tanti problemi. Non riusciva fino a poco tempo fa a stare seduta sul pavimento come in nessun luogo. Poi piano piano l´ho messa a sedere proteggendola con le mie braccia chiuse a forma di cerchio attorno al suo corpo. Sono stati sufficienti alcuni giorni perchè quel recinto fatto dalle mie braccia le infondesse sicurezza e cosí iniziasse a vivere un equilibrio. Peró quando toglievo le mie braccia a forma di cerchio lei piangeva disperatamente e cadeva. Ebbene dopo un pó di tempo il miracolo: le mie braccia me le tengo con me e lei sorridente sta seduta da sola. L´obbedienza a una amicizia a una paternitá rende liberi e capaci di camminare con le propie gambe. Amici, questo é vivere, educare. Ma questo vale anche per i due ragazzi ammalati di AIDS, Luciano e Alcides consegnatemi in fin di vita e giá con il cassone pronto per seppellirli. La stessa passione avuta con Rosetta, é la passione per tutta la clinica. Adesso mangiano, camminano, ridono e raccontano a tutti il miracolo. Presto li porteró alla fattoria dove abbiamo questi ragazzi, recuperati alla vita. Ma il bello é che lo stesso passa con i miei “matti” che tanto mi assomigliano. Arrivano fuori di testa come Giorgio, attualmente impegnato a stamparmi due libri, che in due anni ha recuperato la normalitá. Ha l ´AIDS, peró per lui é come avere adesso una perla preziosa, perché, lui ebreo, ha incontrato la fede cattólica ed é anche un fervente cattólico che si confessa spesso e vive ogni giorno la Messa. E poi, pensate, non c´é ammalato che non sia in grazia di Dio e non chieda i sacramenti. E fra loro ci sono omosessuali, lesbiane, travestiti, concubini…tutto l´umano nella sua grandezza miserabile. Eppure Dio per tutti ha una sorpresa: incontrare il gusto della vita e la bellezza della morte per giungere a Lui. Auguro a tutti che la liturgia di questo fine d´anno ci faccia scoprire e gustare i 4 novissimi.




“Juan si accorse di essere capace di pensare a cose, cui prima non aveva pensato. Anteo, il titano della leggenda greca, era invincibile, finché col suo corpo fosse stato in contatto con quello della madre. Il cristiano era invincibile, finché fosse stato unito a Cristo, il Verbo fatto Carne, il Dio fatto Uomo, e del cui Corpo vivente poteva partecipare nell’Ostia.Come spesso i pagani avevano avuto i primi barlumi, le prime idee geniali sulle cose future! Il maomettano, però, cercava di tagliare il ponte fra Dio e l’uomo. Cristo, non più uomo-Dio, diventava un semplice profeta di second’ordine, che doveva inginocchiarsi di fronte a Maometto. E anche Maometto era soltanto un profeta. Una volta di più il legame fra Dio e il genere umano veniva spezzato con violenza; la più compatta e amorosa unione infranta. Ancora una volta Dio sarebbe divenuto lontano, non più il Padre dell’uomo, ma soltanto il Re, il terribile, tremendo Signore dei tempi antichi. L’Islam segnava un regresso, e, in quanto cercava di annullare il supremo sacrificio di Cristo, una delle peggiori degenerazioni.
L’importante era questo e questo solo; innalzare e propagare un Regno sulla terra, dove Dio non regnasse solo come Re, ma anche come Padre; dove all’uomo fosse concesso di partecipare alla divinità di Lui, che non aveva disdegnato di assumere l’umanità dell’uomo. Questo voleva Cristo, quando disse:
"Andate e insegnate a tutte le genti...". Che l’uomo si chiamasse Principe o Eccellenza o non avesse affatto un nome, non aveva importanza. Come mangiasse o bevesse o vestisse, se fosse seduto su un trono o sul più basso sgabello, non aveva importanza. Anche se avesse o no trovato la felicità tra le braccia di una moglie, poco contava al confronto del più grande di tutti i problemi. Poiché l’uomo apparteneva non a se stesso, ma a Dio. Per questo i cavalieri delle passate età lasciavano le loro mogli e i loro castelli per amore della Croce. Deus lo vult.” Da Louis De Wohl - "L'Ultimo crociato" (pag.253) ![]()
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È la Chiesa che ha abbandonato l'umanità, o è l'umanità che ha abbandonato la Chiesa?
(Thomas Stearns Eliot)
Un anno e mezzo fa circa ero a Londra, invitato alla festa dei suoi 50 anni da un caro amico. Ovviamente, trovandoci a Londra, la festa si teneva in un pub, anzi diversi pub visto che passammo la notte a entrare e a uscire dai pub. Come faccio di solito, tenevo la mia catenina con il crocefisso in bella vista, sulla maglietta che indossavo. A onor del vero lo faccio per vezzo “decorativo”, insomma per una questione di look più che di fede ostentata, ma da quella sera quando mi reco nel paese di Sua Maestà la Regina faccio apposta a metterla in vista il più possibile. Quando entrai nel pub, infatti, e incontrai uno degli amici che erano lì (un professore universitario, autore di numerosi e ottimi libri sul nostro “eroe” comune Bob Dylan) questi mi venne incontro per salutarmi: dopo due secondi notai il suo sguardo di commiserazione, poi con mossa decisa prese il mio crocefisso e me lo infilò a forza sotto la maglietta. Non capii, subito, poi nel resto del mio soggiorno londinese ebbi modo di farmene una ragione Un altro amico inglese, infatti, una sera mi parlò di come l’Inghilterra fosse ormai il paese più scristianizzato al mondo: di fatto, è proibito recarsi al lavoro osteggiando catenine con il crocefisso. Per non offendere i credenti delle altre religioni. È noto il caso di qualche tempo fa in cui una hostess della compagnia aerea nazionale britannica fu licenziata perché teneva un crocefisso appeso al collo.
Viene da chiedersi se stiamo parlando della Russia sovietica, di qualche paese islamico o della moderna, capitalista, democratica, civile Inghilterra.
L’ultimo episodio viene da Oxford, insieme a Cambridge la città universitaria inglese per eccellenza, cuore della cultura britannica. Proprio di ieri è la notizia che il consiglio comunale ha vietato, per le prossime festività natalizie, l’uso della parola “Natale”, che sarà da sostituire con quella molto più politically correct e non offensiva di “Winter Light Festival”, la festa della luce. Il motivo: rendere quel periodo dell’anno meno discriminante e più aperto agli altri credenti. Il commento può essere uno solo: allucinante (che in un certo modo centra con la loro sciocca festa delle luci: troppa luce deve infatti aver accecato il cervello di questi signori…).
È divertente vedere come quelli che si sono opposti a questa iniziativa non siano dei cristiani, ma Sabir Hussain Mirza, presidente del Muslim Council di Oxford: “I cristiani, i musulmani e le altre religioni aspettano il Natale. Sono arrabbiato e molto dispiaciuto. Il Natale è un momento speciale e non deve essere ignorato. I cristiani dovrebbero sentirsi offesi”. E il rabbino Eli Bracknell: “È importante mantenere la tradizione del Natale. Ogni cosa che annacqua la cultura tradizionale e la cristianità, non è una cosa positiva per l’identità inglese”.
Una bella lezione per ciò che resta dei cristiani d’Inghilterra.
Purtroppo, iniziative di questo tipo stanno prendendo piede anche qua da noi. Sono anni che la festa del Natale in molte scuole statali è sostituito con la “festa della luce”. È un nuovo paganesimo strisciante, che vorrebbe cancellare l’identità con cui interi popoli sono cresciuti e hanno edificato un mondo che proprio del paganesimo e della sua orribile disumanità aveva fatto piazza pulita.
Nel frattempo, invito caldamente chiunque abbia dei conoscenti in Inghilterra, o anche no, di innondare di cartoline per le prossime festività natalizie il comune di Oxford con una scritta il più grande possibile: “MERRY CHRISTMAS”.
Ps: l’amico Berlicche, un diavoletto che ha un bellissimo blog che invito a visitare, ha scritto al proposito anche lui. Molto interessante, dategli una letta: http://berlicche.splinder.com/post/18931066/Gli+adoratori+del+sole

Cari amici,
questa sera prima di iniziare la scuola di comunità ho sentito un bisogno tremendo di far cantare “Povera voce di un uomo che non c’è…”. Però arrivati alla fine “la nostra voce deve gridare, deve cantare perché la vita c’è e tutta la vita chiede l’eternità”. Mi ha preso un nodo alla gola. Perché pochi attimi prima avevo celebrato la S. Messa nella clinica, nella camera dove giacciono: Andres, un ragazzo di 22 anni che pesa 15 kg, con il corpo tutto arrotolato come un gomitolo. Non c’è una posizione che gli vedo bene perché non ha una parte del corpo normale. Ermanno lo storpio, spero che molti se lo ricordino altrimenti leggete la sua vita sul libro dei “Santi” di Martinalde, era un “capolavoro” rispetto ad Andres; e Celeste, la bimba distrutta dalla leucemia e incamminata verso la morte. Una leucemia di cui,a motivo della povertà, i suoi genitori non hanno mai avuto consapevolezza. Incomincio la Messa, arrivo alla prima lettura e come un tuono Celeste apre la bocca gridando dal dolore. Urla terribili, soffocanti. Il mio cuore, tutti i giorni fa i conti con queste grida, sembrava non farcela. Mentre l’infermiera legge la prima lettura, mi siedo a fianco di Celeste, le stringo le mani, le braccia, ma le sue grida sono più forti del mio povero cuore di padre. Non ascolto quanto l’infermiera legge, ascolto solo quel grido divino di un nuovo Gesù che stà morendo sulla croce. Mi passano per la mente le parole del Giuss nella S.d.c. dove parla dell’obbedienza, del seguire, del contenuto del seguire, della ragionevolezza del seguire. Quelle parole in particolare dove commenta il cap. VI di Giovanni e la relazione di Gesù con il padre, dal Getzemani alla croce. Parole che mi aiutano a vivere con grande ragionevolezza quelle grida, perché certo che quelle grida come quelle di Gesù sono per la salvezza mia, tua, del mondo. Se non avessi la S.d.c. (se molti non sono di C.L. dei moltissimi a cui scrivo quando mi rispondono mi chiedano cos’è che volentieri spiegherò loro di che si tratta) non potrei avere le ragioni per affrontare questi drammi che da quattro anni vivo giorno e notte. Terminata la lettura si o si dovetti alzarmi per leggere il vangelo… ma non riuscivo. Non riuscivo a parlare,né le parole di Dio. Volevo stare li inchiodato al suo fianco, baciarla, accarezzarla…però la Messa doveva continuare. Al momento dell’offertorio con il pane e il vino ho offerto Celeste al Padre per tutti noi. Ma il dramma era appena iniziato perché arrivato alla consacrazione mentre pronunciavo le parole di Gesù sul pane e sul vino, e dopo mentre alzavo il calice dicendo “ Fate questo in memoria di me” Celeste è scoppiata in un grido fortissimo lacerante che pervase tutta la clinica. Il medico di turno, le infermiere sono corse, l’ennesima dose di morfina… ma le urla continuavano. Ecco mi sentivo come la Madonna ai piedi della croce con Gesù che come dice l’evangelo:”emesso un forte grido, spirò”. Quel “grido” di Gesù lo vedevo in quel calice che alzavo e in quell’urlo pieno di dolore di Celeste. In quel momento era un’unica scena, quella del Calvario, quella di Celeste, quella della Messa. “povera voce… ma ora deve gridare, deve cantare perché la vita c’è”.
Lascio a voi immaginare cosa è stato per me, per tutta quella S.d.c. non era la lettura di un libro, era l’Accaduto alcuni minuti prima a parlare, a spiegare. Ora sempre per me è così la S.d.c. e per questo non posso stare senza di essa… non ce la farei a sopportare questa croce, queste grida, questo tormento con le migliaia di perché, di domande. Oh Dio se tutti vivessero così la S.d.c., tutto sarebbe diverso perché uno comunicherebbe solo ciò che è vero per se e quindi vero per tutti e per di più sperimenteremmo come la S.d.c. sia la carne della nostra umanità.“la nostra voce canta con un perché”. Le urla di Celeste erano davvero la verità di questo perché. Il suo grido è per la mia e tua salvezza. E questo è il centuplo perché il centuplo è l’uomo che grida, che riconosce, cosciente o no, il Mistero. Dico cosciente o no perché anche i miei piccoli figli ammalati per il mondo non hanno coscienza ma appartenendo al corpo mistico di Dio, Cristo, eccome che ce l’hanno! Un altro fatto accadutomi.Ieri sera, oggi è il 30 ottobre, come ogni notte vado alla clinica per il bacio della buona notte. Prima verso le 20.30 vado a mettere a letto i miei 14 bambini della casetta di Betlemme N°2, la casetta più numerosa con 4 bebè. Ogni sera è uno spettacolo: “ papà,papà, diciamo le preghiere e come angioletti si mettono in ginocchio sul pavimento e, dopo un bacino, tutti a letto. Tornando alla clinica, dopo aver salutato i bambini, rimango a fianco di Victor, Aldo e Cristina. Victor è come sempre in preda alla febbre alta… ma non geme nonostante le grandi piaghe da decubito dietro la testa e la parte sopra piena di acqua tenuta ferma dalla pelle che sostituisce il cranio che non c’è. Poi vedo il volto di Cristina che soffre. E’ piccola, di appena un anno e mezzo, sorda e quasi cieca. Eppure con i suoi occhi neri e bellissimi segue i miei movimenti. Quasi non mi vede, ma il contatto fisico certamente lo avverte. A motivo delle convulsioni capita che si morda la lingua lasciando trasparire un poco di sangue sulle labbra che bisogna pulire continuamente. Li guardo tutti e tre lì soli e penso ai loro coetanei che alla stessa ora dormono tra le carezze e le tenerezze dei genitori. Loro invece hanno solo me e le infermiere che cercano di fare del loro meglio. Li riempio di baci e di carezze finche non si addormentano. Adesso dormono tutti e tre, li guardo e continuo a pregare. Mi sembra di essere in paradiso con gli angioletti. Penso a Gesù quando dice:”lasciate che i bambini vengano a me perché di essi è il regno dei cieli”. Sto per andarmene e si avvicina la moglie di un ammalato grave di AIDS: “ padre, le chiedo il permesso di poter andare al mercato generale a sfogliare mais. Ogni borsa di 50 kg sfogliate mi rende 2000 guarani (1 euro=5800guarani) e in una notte riesco a sfogliarne anche 15 sacche. Padre, mi dia il permesso perché oggi è venuto uno dei miei quattro figli dicendomi che non mangiano da 2 giorni”. La guardo e il mio cuore scoppia vedendo le sue lacrime. Tiro fuori il portafoglio ma lei:”no padre, quello che mi da è già troppo, io voglio lavorare e guadagnarmeli”. Prego per lei e l’ho assunta oggi come lavandaia. Era raggiante per la gioia. Giussani nella S.d.c. nel capitolo della obbedienza dove augura Buon Natale parla del centuplo come del vero esito. Ritrovarmi ogni giorno commosso è proprio l’esito, il centuplo. Per cui incominciare alle 4.45 e terminare alle 23.30 non è un peso, è un centuplo, un uso nuovo e pieno del tempo sempre più per me l’alba dell’eternità. Sono andato a dormire con il cuore pieno di pace. Anche se con il cuore rotto dalle urla di Celeste, dalla solitudine dei miei tanti bambini, di cui sono papà, a cui vorrei dedicare più tempo, dal dolore di Victor,Cristina e Aldo che con Celeste sono il cuore del mio ospedale, dove anche oggi è morto un uomo. La morte… ma che bella! Perché mi aiuta a capire che il dolore è una condizione momentanea di oggi. Lei infatti mi porterà definitivamente dal mio Gesù. Pregate per i miei moribondi. Preghiamo per i miei santi e per i miei morti visto che è già Novembre e la Chiesa ci ricorda insieme con i 4 novissimi (morte, giudizio,inferno,paradiso) che la scena di questo mondo è destinata a sparire per lasciare il posto a ciò che è eterno. Grazie per le vostre preghiere.
Un abbraccio
P.Aldo