In una gelida e ventosa sera di novembre attraversi Milano per l'ennesima volta per raggiungere quel posto, dove ci sarà l'abituale appuntamento per la scuola di comunità. La voglia è pressocché uguale allo zero, rimettersi in macchina alle 8 e mezza dopo esserci sceso giusto un'ora e poco più fa. Ma sai anche che se non vai, sarà un'occasione perduta per fare un - faticoso - passo in più. Questa sera Giorgio Vittadini legge il volantino di Comunione e Liberazione sul caso Eluana e invita a discuterne, a confrontarsi con quelle parole, per evitare di farne un caso politico, del tipo "i buoni contro i cattivi" e vedere piuttosto che cosa questa storia dice a te, alla tua vita, al tuo modo di affrontarla. Per primo interviene un signore di una certa età, Vitta lo presenta come un importante chirurgo di fama nazionale. Lui dice di come nel suo lavoro si arrende ogni giorno all'evidenza che la vita non ci appartiene: per cento che ne ha salvati, la metà li ha visti morire. E' stato anche collega del neurochirurgo di Eluana, uno, dice, che fa a gara a infilarsi in ogni commissione etica degli ospedali dove lavora per portare avanti le sue idee sui malati terminali. Quello che sostiene che la donna non abbia più alcuna coscienza. Poi sale su un ragazzo in giacca e cravatta: "Io sono un amico di Eluana" dice. L'emozione in sala è forte. Non siamo più davanti a dei discorsi, siamo davanti al fatto di Eluana che irrompe, concretamente, carnalmente, con un volto preciso, in mezzo a noi. "Non sono di CL" ci tiene a dire "ma sono cattolico. Sono uno dei suoi quattro amici chiamati a testimoniare al processo in merito alla frase che lei avrebbe detto sul porre fine alla sua vita, ma non andai a testimoniare perché in quel momento non ero in quella stanza. Oggi sono un avvocato e negli anni il papà di Eluana mi ha chiamato mille volte affinché lo aiutassi nella sua lotta, sentivo che dovevo sostenerlo, mi domandavo che razza di vita fosse, se fosse vita, quella di Eluana. Recentemente sono andato a trovarla e le ho parlato a lungo. Mi sentivo stupido a farlo, perché lei non so se mi ascoltava. Alla fine di tutto però io oggi dico, da avvocato e da cattolico: io non so che grado di vita è la sua, ma accetto il mistero e lei non deve morire". Le testimonianze si susseguono, incalzanti: c'è uno il cui suocero è da due anni in coma, nutrito col sondino, proprio nella stanza accanto a Eluana, stesso ospedale. Testimonia della grandezza del servizio di carità che fanno le suore in quell'ospedale. Una ragazza con una sorella handicappata dice che, anche se hai la fede, razionalmente neanche la fede ti dà la capacità di giudicare e accettare situazioni del genere, in cui tutto di te è messo in discussione. Ma a differenza della maggioranza delle persone, noi non siamo soli di fronte al dolore. Esci e dici, pensa se stasera restavo a casa. Hai capito qualcosa di più di questa faccenda, ad esempio che nessuno di noi è migliore del padre di Eluana e che se non avessi avuto la grazia di un incontro ti comporteresti esattamente come lui. Altro che fare una battaglia politica. L'ha ricordato Carron qualche sera fa durante una diaconia: "E quando il male dovesse colpire la nostra vita, non terremmo: il dubbio di un Dio cattivo farebbe saltare tutto. Vi auguro che il Signore tenga la mano sulla vostra testa, così che quando il male dovesse arrivare non possiate insinuare un dubbio nel vostro rapporto filiale con Cristo".
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
C'è una tale corrispondenza in ciò che leggo, che mi piacerebbe poter aggiungere qualcosa.... ma hai già detto tutto.
Allora dico solo che si fa strada in me un sentimento di gratitudine. Gratitudine per avere amici come te e come altri, per sentire questa vita come una cordata.
Per la modalità che Cristo ha inventato per andare dietro a Lui: essere umanità, essere chiesa.
E poi lasciami aggiungere questo.
Quella fatica ad uscire di casa per andare ad un incontro e quel senso di pienezza quando in quella casa ritorni e che - te ne accorgi dopo- ti fa diventare marito e padre migliore. Quante volte l'ho provata ed ogni volta é una conferma. C'é una dose di fatica che devi fare, una moneta da pagare, quando sei stanco per la giornata, appesantito dal tuo limite e dai guai che ti si sono fatti incontro. Ma poi, immancabilmente, il centuplo arriva.
Ciao e grazie
grazie paolo x questa testimonianza di quello che per fortuna in questa compagnia ci accade spesso ,il centuplo per fortuna ci fa' accadere degli incontri che cambiano tutto quello che avevi nei tuoi pensieri la stanchezza di una giornata di lavoro all'improvviso scompare , sei diverso in tutto quello che fai , sia in famiglia sul lavoro e nell opera e i volti che ho in torno mi aiutano a testimoniare Cristo a tutti grazie e un grosso abbraccio Angelo B.
Sono a conoscenza di quella SDC mi ha commosso...
Sto davanti anche a cose gravi come Eluana in maniera diversa se queste cose mi interrogano, se parlano cone me.
Posta un commento