“Mostrami un’amante che sia pur bellissima: che altro è la sua bellezza, se non un consiglio ove io legga il nome di colei che di quella bellissima è più bella” (W. Shakespeare, Romeo e Giulietta) Le più belle canzoni sono le canzoni d’amore. Orrore, per certi (tanti) maestri del pensiero: la canzone deve essere impegnata. Oppure, con disprezzo, le canzoni d’amore vanno bene per Sanremo. È un dato di fatto che la canzone impegnata passa e si dimentica con le stagioni che le girano intorno. Ma le canzoni d’amore si canteranno sempre. Dov’è infatti che il cuore dell’uomo va a sbattere, sempre? Nelle discussioni politiche? Nel modo migliore di salvare il mondo? Nah, quello va bene per Porta a porta o per L’infedele. Perché Bob Dylan, a parte qualche brano a inizio carriera, è 40 e più anni che canta solo canzoni d’amore? Perché Nick Cave ha avuto l’ardire di dire che “la Canzone d'Amore esiste per riempire, col linguaggio, il silenzio tra noi stessi e Dio, per abbattere la distanza tra il temporale e il divino”? E ancora, “la Canzone d'Amore è la luce di Dio, giù nel profondo, che si fa largo tra le nostre ferite”. È ovvio il perché, per chiunque faccia esperienza del reale: il nostro cuore è mendicante per natura, mendicante di amore corrisposto che possa riempire il grande desiderio che lo costituisce. Non sarà mai abbastanza, l’amore che troveremo su questa terra. Saremo sempre implacabilmente spronati a volerne di più. Come diceva Shakespeare, nel volto della persona amata, in una canzone o una poesia, a volte inconsciamente, a volte con rabbia, a volte con dolore, incontriamo poi la Bellezza. Diceva don Giussani che “l’attrattiva di una bellezza segue una traiettoria paradossale: quanto più è bella, tanto più rimanda ad altro. L’arte – pensiamo alla musica – quanto più è grande tanto più apre, non conclude, spalanca il desiderio, è segno di altro”. L’amore e la bellezza sono un rimando ad altro. Sono segno. Il poeta sa cogliere anche in una stella cadente il volto della sua amata che diventa segno, rimando a un Altro: “Ho visto una stella cadente stasera, e ho pensato a te” (Bob Dylan, Shooting Star). Non è formidabile che un sacerdote abbia colto tutto questo? Ecco cosa dice ancora don Giussani: “Tu sei innamoratissimo della tua ragazza. Ma, dimmi, in ultima analisi, di che cosa è lei fatta? Di qualcos’Altro, come te. Non c’è nulla di più evidente, in questo momento, chiunque tu sia. E chi te l’ha fatta incontrare? Il Signore della storia, Colui che ha in mano tutti i fili del tempo e dello spazio, che è lo stesso di cui, ultimamente, lei è fatta: Cristo. E chi te la manterrà domani? Chi non te la farà scomparire? Lui. Te la fa incontrare Lui, te la rende compagna eterna, per sempre, Lui. Allora, verso Cristo non può non venirti un’onda di tenerezza ancora più grande della tenerezza che hai verso questa ragazza. La realtà, nella sua verità è segno di “qualcosa d’altro”, è segno di Cristo, “consistenza di tutte le cose”. Tutti noi siamo chiamati a investire e vivere secondo la sua verità, cioè come segno di Cristo.” Anche gli autori di canzoni sono chiamati a cogliere il segno di Cristo. Altrimenti, una canzone è solo rumore (come diceva Congdon).
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1 commenti:
Ma che stupore poter leggere in quello che scrivi tutto quello che abbiamo nel cuore e non riusciamo sempre a dire e a guardare...
thank you mo
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