Da: “Un giorno della mia vita” diario di Bobby Sands. “Sono un prigioniero politico perché sono l'effetto di una guerra perenne che il popolo irlandese oppresso combatte contro un regime straniero, schiacciante, non voluto, che rifiuta di andarsene dalla nostra terra (...) Credo di essere soltanto uno dei molti sventurati irlandesi usciti da una generazione insorta per un insopprimibile desiderio di libertà. Sto morendo non soltanto per porre fine alla barbarie dei Blocchi H o per ottenere il giusto riconoscimento di prigioniero politico, ma soprattutto perché ogni nostra perdita, qui, è una perdita per la Repubblica e per tutti gli oppressi che sono profondamente fiero di chiamare la "generazione insorta"». Bobby Sands aveva compiuto da poco ventisette anni quando scrisse nel suo diario queste frasi. La sua morte, avvenuta il 5 maggio del 1981 all'1.17 in uno degli H Blocks di cemento armato del carcere di massima sicurezza di Long Kesh, dopo sessantasei giorni di sciopero della fame, segnò il punto più alto della protesta dei detenuti repubblicani che chiedevano di ottenere lo status di "prigionieri politici". Altri nove uomini, sei dell'Ira e tre dell'Inla, seguirono la sua stessa sorte tra il maggio e l'agosto del 1981. Sands stava scontando una condanna a 14 anni per possesso di armi da fuoco. Bobby era sposato ed aveva due figli, Gerard e Liam, il quale morì 10 giorni dopo la nascita senza che il padre riuscisse a vederlo. La sua storia, che Sands ha raccontato nel diario dal carcere uscito dopo la sua morte - Un giorno della mia vita (Feltrinelli, 1996) - ha rappresentato l'avvenimento più drammatico e terribile di un conflitto, quello dell'Irlanda del Nord, per altro caratterizzato da lutti e tragedie nel corso di tutto il Novecento. Forse per questo in molti considerano lo sciopero della fame del 1981 come l'evento determinante perché si giungesse molti anni dopo, il 10 aprile del 1998, alla firma dell'Accordo del Venerdì Santo, la prima vera tappa verso una soluzione di pace del lungo conflitto tra Londra, i lealisti dell'Ulster, e il movimento repubblicano irlandese. Da un'altra pagina del diario:”Oggi è la festa di San Patrizio e come al solito niente di nuovo. Sono stato a Messa. Con i capelli tagliati stavo molto meglio.Non conoscevo il prete che ha detto la messa. Gli inservienti distribuivano il cibo a tutti quelli che tornavano da messa. Hanno provato a darmi un piatto pieno. Me l'hanno messo sotto il naso,ma io ho tirato dritto come se non ci fossero.(...) Ho visto uno dei dottori questa mattina,un tipo sbarbato.Mi sfibra.Il mio peso è di 57,50 Kg. Nessuna lamentela. Il direttore del carcere è venuto da me e mi ha detto aspramente:”vedo che stai leggendo un libro breve. Meglio così. Se fosse lungo non riusciresti a finirlo”. Ecco che gente sono. Maledetti!Non importa....Non mi stroncheranno perchè il desiderio di Libertà del popolo irlandese sono nel mio cuore.Verrà il giorno in cui tutto il popolo irlandese avrà questo desiderio. Sarà allora che vedremo sorgere la luna. Dopo la morte, Bobby Sands è stato deposto nella bara con una croce d'oro massiccio tra le mani. Pesante, bellissima, grande come una mano, giuntagli direttamente dal Papa, da quel Giovanni Paolo II che, pochi mesi prima, nel settembre del 1979, aveva omaggiato la terra d'Irlanda con una visita, in cui aveva pronunciato frasi in gaelicoe si era rivolto direttamente ai soldati repubblicani, agli uomini della violenza, implorandoli di sotterrare l'ascia di guerra. E ancora, aveva inviato il suo segretario privato,Padre John Magee,tra l'altro nordirlandese, che assieme al Primate d'Irlanda Mons.Thomas O'Fiaigh, tento' di convincere Sands ad interrompere il digiuno,ovviamente senza riuscirci. Ora lo stesso Pontefice, il Papa dei cattolici, e quindi degli irlandesi,inviava ad uno degli uomini della violenza una riproduzione del suo pastorale. Un fatto eclatante, se si pensa che Bobby Sands non solo era un “terrorista”, ma era anche un suicida. I funerali di Bobby si svolseroil 7 maggio, nel primo pomeriggio, nella Chiesa di S.Luca, nel quartiere Twinbrook, zona ovest di Belfast. Al suo funerale parteciparono più di 200.000 persone, giunte da ogni luogo. Bobby Sands è morto, ha assunto l'immagine di uomo simbolo del martirio di un popolo. Lui che,col rifiuto per protesta di radersi e tagliarsi i capelli, è entrato nell'iconografia della sua gente con sembianze simili a quelle di Cristo, quasi con la stessa carica di sofferenza dipinta sul volto. “Io credo nel diritto all'indipendenza dato da Dio alla Nazione irlandese. Per questo sono incarcerato, nudo, torturato”. (tratto da "Bobby Sands - il combattente per la libertà una storia irlandese - di Pierluigi Spagnolo ed.L'Arco e la Corte. Il più bel libro edito in Italia sulla vita di Bobby) ONE ROAD (canzone spesso cantata a Long Kesh) Siamo sulla stessa strada, portando lo stesso peso. Siamo sulla stessa strada, e Dio solo sa dove porta. Siamo sulla stessa strada, e potrebbe essere quella sbagliata.
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