Questa è la lettera che Barbara, (moglie di Luca, a cui poche settimane fa è stata data l'estrema unzione ed ora è miracolosamente a casa), ha scritto ai suoi amici. Sono due i passaggi del Venerdì sera che in questi ultimi intensissimi mesi della mia vita sono diventati giudizio, descrizione e desiderio del cuore. La prima a pag.5 del libretto: “Non è tragedia la vita: la tragedia è ciò che fa finire tutto nel niente. La vita, sì, è dramma: è drammatica perché è rapporto tra il nostro io e il Tu di Dio, il nostro io che deve seguire i passi che Dio segna”. A dicembre, al quinto mese della gravidanza il cuore del piccolo Matteo smette di battere dentro di me, in maniera silenziosa e imprevedibile; è stato un dolore grande per me e Luca, ma non è certo stata una tragedia, perché eravamo certi che il nostro bene solo Dio lo conosce e in maniera incomprensibile a noi il sacrificio di nostro figlio era il nostro bene. Poteva già essercene abbastanza, la mentalità comune di cui siamo infarciti in fondo un po’ ci faceva pensare così. E noi, che aspettavamo i tre mesi detti dal ginecologo, per poi rimetterci a disposizione del Signore nel nostro servizio alla vita, dopo poco più di 2 mesi ci troviamo ad affrontare la malattia di Luca, ed una escalation continua di accertamenti, ricoveri e referti, fino a venerdì 29 maggio, quando, dopo il secondo intervento, i medici di Luca mi dicono “ Chiama i parenti, Luca è grave”. E così, ci siamo ritrovati in 30 davanti alla porta della Terapia Intensiva dell’IST ad attendere notizie di Luca, fino alle ore 13, quando la primaria ha comunicato a me e mia suocera che la situazione era peggiorata ulteriormente e si era reso necessario intubare Luca. Ho pensato seriamente che il Signore avrebbe potuto chiedermi di rinunciare a Luca, ho avuto paura, tanta paura, ma non sono mai stata lasciata sola e questo mi ha sostenuto, la certezza che il Signore mi stava accompagnando, nella compagnia premurosa di mio fratello, che mi raccoglieva piangente ogni volta che uscivo dall’aver visto Luca, nei volti dei miei amici che si prendevano cura di me, chi per i passaggi in macchina, chi per il mangiare, chi per passare le lunghe ore di attesa tra una visita in rianimazione e l’altra, nello sguardo attento dei chirurghi e dei rianimatori ( le nostre carezze del Nazareno) che mentre Luca era in coma farmacologico, si preoccupavano per me. E così, più la situazione si aggravava più io capivo che il mio problema non era capire il perché di quel mio grande dolore, il perché lo sa Dio, il mio problema era come volevo stare davanti a ciò che Dio mi stava chiedendo, il problema ero io di fronte a Dio che mi stava chiamando a vivere una situazione che io non avrei mai scelto E così è diventato concreto il secondo passaggio del libretto a pagina 7 :“Per chi ha ricevuto l’annuncio cristiano – il Mistero si è incarnato in un Uomo- ogni circostanza è l’occasione in cui ciascuno mostra la sua posizione davanti a questo annuncio, davanti a questo fatto”. E’ stato proprio così, prima con il sacrificio di Matteo e poi con la malattia di Luca; sono state circostanze in cui io ho preso posizione di fronte al Mistero che si è fatto uomo, perché era vicino a me questo mistero, e stava compiendo miracoli. E’ così anche ora, che il Signore ha voluto concederci il miracolo della guarigione di Luca, perché parlare con gli amici, i colleghi, le mamme dell’asilo della sua malattia vuol dire parlare di tutti i miracoli che Gesù ha compiuto servendosi, come ci ha ricordato la Anna, di Luca che non faceva niente, dormiva mentre facevano tutto le macchine. Il miracolo più grande è certamente la guarigione di Luca e la possibilità di godere ancora della sua compagnia per me, ma è un miracolo anche il cambiamento del bene che ora gli voglio, perché segno concreto della presenza di Gesù nella mia vita, è un miracolo la libertà di rapporto e l’affetto che è cresciuto a dismisura con mio fratello ed alcuni amici già cari, sono miracoli i diversi figli di amici che spontaneamente hanno deciso di rinunciare chi alla playstation chi ad altri giochi finchè Luca non ritorna a casa, è un miracolo che un gruppo di detenuti a noi sconosciuti su richiesta del fratello di uno di loro abbia scritto e recitato una preghiera per Luca, è un miracolo che le nostre bimbe siano serene nella consapevolezza della malattia di Luca, è un miracolo che Francesco, amico di amici, genoano sfegatato e che io non conosco abbia rinunciato alla festa del Genoa per Luca, è un miracolo Frate Cristiano, che, eremita del Monviso, è venuto a dare l’estrema unzione a Luca, mentre era in pellegrinaggio verso Santiago ed ora mi manda SMS per dirmi che prega per noi ad ogni passo che fa, è un miracolo la conversazione con mio Zio che l’ha portato a confrontarsi per la prima volta dopo 30 anni su un suo fatto personale, è un miracolo mio cognato che mi scrive “Vi voglio bene e mai come ora sono più che convinto che Lui esiste per noi e fra di noi”. E così due fatti che il mondo intero chiama tragedie, sono stati dono grande e ringrazio il Signore di avermi mandato questi due drammi, perché ora sono più consapevole di prima che Lui c’è e mi vuole bene. Ringrazio anche tutti voi, perché il miracolo della guarigione di Luca e il miracolo del mio grazie di stasera sono stati possibili grazie alle vostre preghiere e alla vostra vicinanza. Barbara Z. Attesa
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1 commenti:
meraviglioso post.
grazie, di vero cuore.
un abbraccio
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