Sogno o realtà

10:46 / Pubblicato da Paolo Vites /

Una settimana fa ero a un importante festival musicale insieme a mia figlia. I privilegi del mestiere ci avevano permesso l'accesso all'"area VIP", che più che altro voleva dire un bar all'ombra con comodi divanetti per pochi privilegiati invece di fare file di mezz'ora sotto al sole cocente come la massa di "peones" per prendere una birra. Seduti, in mezzo a musicisti, infiltrati, altri giornalisti, cameramen, ragazzi e ragazze che facevano a gara a chi aveva la superficie corporea più tatuata al mondo, mia figlia si gira verso di me e dice: "Se tutto il mondo fosse così, sarebbe un posto migliore". Uh. A parte, figlia mia, che ci sono più facce di m... nel mondo del rock'n'roll che a Wall Street o in chissà quale multinazionale dove indossi giacca e cravatta invece dei tatuaggi, l'illusione che la realtà sia qualcosa che non corrisponde al tuo desiderio, è la malattia che ci hanno inculcato in questi tempi moderni. Ringrazio Dio di essere arrivato al punto della mia vita in cui è mia figlia a farmi fare i conti con la realtà, perché anche per me è così: pensiamo sempre che la realtà che viviamo non sia abbastanza, non sia in grado di riempire il buco affettivo che abbiamo nel cuore. Lo dice così bene il grande filosofo André Glucksman nel suo bellissimo libro "68: Dialogo tra un padre e un figlio su una stagione mai finita" (che è l'autentica chiave di lettura di una stagione che non è stata, come dice invece quell'altro, "formidabili quegli anni"): "Quando la realtà in movimento sconvolge i vostri concetti, optate per i concetti, scartate la realtà". Ecco come siamo stati cresciuti: a scartare la realtà a favore dei concetti. Che, a noi figli del 68, i concetti ci hanno lasciato solo un cumulo di macerie in mano. Sempre dietro a mia figlia, ieri sera siamo andati, io e mia moglie, a sentirla suonare con il suo complessino vicino a Milano, a Magenta. Non c'ero mai stato, sebbene disti solo mezz'ora da casa mia. Mi era nota solo per la famosa canzoncina "E verrà un bel dì la battaglia di Magenta...". Mentre aspettiamo che salgano sul palco, andiamo a fare due passi verso il centro. Ci imbattiamo subito nella splendida basilica di San Martino. Dentro, nella semi oscurità, un concerto d'organo. Piccole luci sull'altare. A sinistra, un immenso telo con un dipinto che pende vicino alla statua della Madonna. Sopra, il volto sorridente di una donna abbracciata a un bambino. Leggo cosa c'è scritto: è il ritratto di Santa Gianna Beretta Molla. Ne avevo sentito parlare, non avevo idea fosse di Magenta. Questa è la chiesa dove si sposò. Vedo che l'anno in cui è morta è l'anno in cui sono nato io, il 1962. Aevva 40 anni, nmedico chirurgo madre di tre figli, in attesa del quarto quando le si sviluppa un tumore all'utero. Chiede che sia salvata la vita che porta in grembo a qualunque costo, anche la sua, di vita. Pochi giorni prima del parto dice al marito: "Se dovete decidere fra me e il bimbo scegliete, lo esigo, il bimbo". Gianna muore il giorno dopo aver dato alla luce la figlia. A mezz'ora da casa mia, c'è una persona, una madre, che mi sta mettendo davanti alla realtà, e io mi perdevo nei concetti... Davvero siamo capitati qui,stasera, io e mia moglie, per caso? No, è la realtà in cui ti imbatti, ogni momento, che parla, attraverso i testimoni. Dovevo venire fino a Magenta per sentire un concerto di mia figlia per imbattermi nel miracolo di Gianna Beretta Molla, fatta santa il 16 maggio 2004 da Giovanni Paolo II. Dovevo venirci stasera. Dovevo pregare davanti al suo ritratto perché, io lo so, è di questo che avevo bisogno. Se uno vive la realtà come un avvenimento attraverso cui si comunica il Mistero, non c'è bisogno di fuggire nei concetti. Davanti alle due porte, quella del "sogno" e quella della "realtà", è intelligente scegliere di entrare in quella della realtà.

2 commenti:

Comment by Fausto Leali on 20 giugno 2009 alle ore 12:03

La foto di Gianna Beretta Molla con in braccio il bambino campeggia nella cappella dell'ospedale di Magenta, dove vado a lavorare ogni giorno.
Troppe volte la frenesia del lavoro, i tempi stretti su ogni cosa da fare fanno sì che non passi troppo spesso da quella cappellina, così vicina al punto dove timbro e stimbro il cartellino.
Incontrare la realtà é anche un richiamo che passa così, attraverso un blog.
Grazie.

Comment by Paolo Vites on 20 giugno 2009 alle ore 12:25

ecco. e io non mi ricordavo neanche che ho un amico che lavora a Magenta. Vedi come riduciamo la realtà ai nostri concetti.

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