L'ateo Jannacci

08:28 / Pubblicato da Paolo Vites /

«La vita è importante anche quando è inerme e indifesa. Fosse mio figlio mi basterebbe un battito di ciglio» Fonte: Corriere della Sera, http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_06/jannacci_eluana_fabio_cutri_1fd6ba3e-f41a-11dd-952a-00144f02aabc.shtml Enzo Jannacci (Foto Rai)MILANO - Ci vorrebbe una carezza del Nazareno» dice a un certo punto, e non è per niente una frase buttata lì, nella sua voce non c'è nemmeno un filo dell'ironia che da cinquant'anni rende inconfondibili le sue canzoni. Di fronte a Eluana e a chi è nelle sue condizioni — «persone vive solo in apparenza, ma vive» — Enzo Jannacci, «ateo laico molto imprudente», invoca il Cristo perché lui, come medico, si sente soltanto di alzare le braccia: «Non staccherei mai una spina e mai sospenderei l'alimentazione a un paziente: interrompere una vita è allucinante e bestiale». È un discorso che vale anche nei confronti di chi ha trascorso diciassette anni in stato vegetativo? «Sono tanti, lo so, ma valgono per noi, e non sappiamo nulla di come sono vissuti da una persona in coma vigile. Nessuno può entrare nel loro sonno misterioso e dirci cosa sia davvero, perciò non è giusto misurarlo con il tempo dei nostri orologi. Ecco perché vale sempre la pena di aspettare: quando e se sarà il momento, le cellule del paziente moriranno da sole. E poi non dobbiamo dimenticarci che la medicina è una cosa meravigliosa, in grado di fare progressi straordinari e inattesi». Ma una volta che il cervello non reagisce più, l'attesa non rischia di essere inutile? «Piano, piano... inutile? Cervello morto? Si usano queste espressioni troppo alla leggera. Se si trattasse di mio figlio basterebbe un solo battito delle ciglia a farmelo sentire vivo. Non sopporterei l'idea di non potergli più stare accanto». Sono considerazioni di un genitore o di un medico? «Io da medico ragiono esattamente così: la vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa. L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque. Decidere di interromperla in un ospedale non è come fare una tracheotomia...». Cosa si sentirebbe di dire a Beppino Englaro? «Bisogna stare molto vicini a questo padre». Non pensa che ci possano essere delle situazioni in cui una persona abbia il diritto di anticipare la propria morte? «Sì, quando il paziente soffre terribilmente e la medicina non riesce più ad alleviare il dolore. Ma anche in quel caso non vorrei mai essere io a dover "staccare una spina": sono un vigliacco e confido nel fatto che ci siano medici più coraggiosi di me». Come affronterebbe un paziente infermo che non ritiene più dignitosa la sua esistenza? «Cercherei di convincerlo che la dignità non dipende dal proprio stato di salute ma sta nel coraggio con cui si affronta il destino. E poi direi alla sua famiglia e ai suoi amici che chi percepisce solitudine intorno a sé si arrende prima. Parlo per esperienza: conosco decide di ragazzi meravigliosi che riescono a vivere, ad amare e a farsi amare anche se devono invecchiare su un letto o una carrozzina». Quarant'anni fa la pensava allo stesso modo? «Alla fine degli anni Sessanta andai a specializzarmi in cardiochirurgia negli Stati Uniti. In reparto mi rimproveravano: "Lei si innamora dei pazienti, li va a trovare troppo di frequente e si interessa di cose che non c'entrano con la terapia: i dottori sono tecnici, per tutto il resto ci sono gli psicologi e i preti". Decisero di mandarmi a lavorare in rianimazione, "così può attaccarsi a loro finché vuole"... ecco, stare dove la vita è ridotta a un filo sottile è traumatico ma può insegnare parecchie cose a un dottore. C'è anche dell'altro, però». Che cosa? «In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l'idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza».

2 commenti:

Comment by adelaide soro on 6 febbraio 2009 alle ore 10:01

vi leggo da tempo e stamattina, dopo aver letto il Corriere, volevo segnalarvi l'intervista a Iannacci. Come potevo prevedere mi avevate preceduto: l'articolo era già postato sul sito.
Nel profluvio di parole inutili che sono state sprecate su questo caso, ecco alcune parole che meritano di essere ascoltate.
Buon lavoro agli amici dell'associazione.

Anonimo on 7 febbraio 2009 alle ore 13:30

“Se il mio papà non vive, allora nessuno ha il diritto di vivere” e tornato a casa ha ucciso tutti gli animaletti domestici a cui era affezionato e che custodiva con tanto amore.

Parlo di Fabrizio, un bambino della nostra scuola e che ha 8 anni. Quando la mamma mi raccontò la reazione di Fabrizio, che ha visto morire il papà annegato nelle acque del Rio Paraguay, domenica scorsa, sono corso con il pensiero al papà di Eluana. “Se Eluana non vive, allora nessuno ha il diritto alla vita” e se Fabrizio che ha 8 anni tornando a casa ha ucciso, nella sua ingenuità disperata, ucciso tutti gli animaletti domestici, che succederà a quel “povero” uomo, padre di Eluana, una volta che ha ucciso sua figlia?

Al dolore per Eluana, si aggiunge il mio dolore per il papà che una volta eliminata la figlia, spente le luci della baldoria ideologica, si troverà solo come un cane e tormentato dal rimorso. E quali saranno le conseguenze per lui? Non oso neanche pronunciare le terribile parola “suicidio”…però la realtà non fa sconti a nessuno, quando non è rispettata. Guardando Fabrizio, prego per il papà di Eluana, perché Eluana è già da tempo in paradiso, ma quest’uomo dov’è? Credo nell’inferno della disperazione, per il momento censurata dall’ideologia di cui è vittima.

Preghiamo per lui, perché Dio lo illumini…prima che sia tardi e poi si trovi anche lui a fare i conti con quel gesto che il mio bambino ha messo in atto.

Non dimentichiamo: la ideologia inganna sempre e se prima ci pone nel piedistallo, poi ci uccide o ci spinge ad ucciderci. Che Gesù abbia pietà di noi e di quel povero uomo.

Con affetto

P.Aldo

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